La vendetta del tycoon: Bolton incriminato

Diciotto capi d'accusa contro l'ex alleato poi diventato critico del presidente americano
WASHINGTON - John Bolton è stato incriminato. L'ex consigliere alla sicurezza di Donald Trump è stato accusato da un gran giurì del Maryland per come ha gestito le carte riservate a cui aveva avuto accesso durante l'incarico. Nei suoi confronti - riportano i media americani - sono stati mossi 18 capi di accusa.
Bolton è da tempo nel mirino del presidente e la sua incriminazione va ad allungare la lista degli avversari della Casa Bianca 'puniti' dal Dipartimento di Giustizia, dopo l'ex direttore dell'Fbi James Comey e la procuratrice di New York Letitia James.
Presenza costante sui media americani nel criticare Trump, Bolton potrebbe non essere comunque l'ultimo dei nemici a cadere. Trump infatti continua a scaricare la sua rabbia sul senatore democratico Adam Schiff e sull'ex procuratore speciale Jack Smith.
Durante la prima amministrazione Trump, il Dipartimento di Giustizia aveva lanciato un'indagine contro Bolton per accertare se avesse usato informazioni riservate per il suo libro di memorie 'The Room Where it Happened', pubblicato dopo la sua uscita dalla Casa Bianca nel settembre 2019. Nel 2020 la Casa Bianca di Trump chiese alla giustizia di bloccare la pubblicazione del libro, quando molti estratti erano però già stati pubblicati. Il tribunale respinse la richiesta e nel 2021 l'amministrazione chiuse l'inchiesta contro Bolton.
La partita sembrava a quel punto chiusa ma Trump appena tornato alla Casa Bianca prima gli ha tolto il nulla osta alla sicurezza, poi la scorta nonostante Bolton fosse target di un complotto da parte dell'Iran per ucciderlo. In agosto l'Fbi di Kash Patel, fedelissimo del presidente, gli ha mandato gli agenti a casa e nei suoi uffici per una perquisizione, in quello che è stato l'ultimo passaggio prima dell'incriminazione.
Bolton è accusato di aver usato un account email per inviare informazioni giornaliere sulle sue attività da consigliere per la sicurezza nel 2018 e nel 2019 a due persone prive di autorizzazione di sicurezza. Molti dei messaggi includevano «informazioni sulla difesa nazionale» inclusi dettagli classificati come top secret, si legge nell'accusa, secondo la quale le email sarebbero state poi hackerate da qualcuno legato al governo iraniano.