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Incidente di Gobbi: «Ottimi agenti, ma sono mancati rigore e fermezza»

La pubblica accusa chiede la condanna per favoreggiamento. La difesa sbotta: «Vicenda montata dalla politica. Se non ci fosse di mezzo Gobbi non ci troveremmo qui».
Tipress (archivio)
Incidente di Gobbi: «Ottimi agenti, ma sono mancati rigore e fermezza»
La pubblica accusa chiede la condanna per favoreggiamento. La difesa sbotta: «Vicenda montata dalla politica. Se non ci fosse di mezzo Gobbi non ci troveremmo qui».

BELLINZONA - «Gli imputati sono due ottimi agenti, che si sono trovati a gestire una situazione francamente difficile. Quella notte sono tuttavia mancati lucidità, rigore e fermezza nel far emergere un'eventuale inattitudine alla guida». A dirlo, oggi nell'aula della Pretura penale di Bellinzona, è stato il procuratore generale Andrea Pagani, chiedendo la condanna dei due agenti della Polizia cantonale nel caso dell'incidente stradale del consigliere di Stato Norman Gobbi.

Pagani ha chiesto che entrambi vengano ritenuti colpevoli di favoreggiamento e condannati a una pena pecuniaria di 30 aliquote giornaliere sospesa con la condizionale per un periodo di prova di due anni. Per il sergente maggiore, in caso venga ritenuto complice invece che correo, sono state proposte 15 aliquote giornaliere sospese con la condizionale.

La difesa ha invece chiesto il proscioglimento di entrambi gli agenti. La sentenza è attesa per le 16.30 odierne.

«Una norma che non prevede eccezioni» - «Tutto il procedimento penale ruota intorno a una norma federale che non prevede eccezioni», ha esordito il procuratore. «Parlo dell'articolo 12 dell'ordinanza sul controllo della circolazione stradale. Questa stabilisce che deve essere disposto un esame del sangue per rilevare la presenza di alcol se il risultato dell'accertamento è pari o superiore a 0,15 mg/l e si sospetta che la persona interessata abbia condotto un veicolo in stato di ebrietà due o più ore prima del test».

Quattro bicchieri di vino - Pagani ha poi ricostruito la serata. «Norman Gobbi termina una cena a Mezzovico, dove sostiene di aver bevuto quattro bicchieri di vino. Si mette alla guida alle 23.35 con l'intento di rincasare in Leventina. In zona Stalvedro incappa in un incidente perché un conducente gli taglia colpevolmente la strada. Il sinistro avviene non dopo la mezzanotte e 15. Stima, questa, prudenziale e che va a favore dei due imputati, visto che Gobbi ha chiamato il soccorso stradale a mezzanotte e 17».

Tre soffi e la "calibrazione scaduta" - «A mezzanotte e 27 Gobbi chiama la CECAL annunciando l'incidente. Una pattuglia di due agenti parte da Camorino e giunge sul posto alla 1.06. Gobbi viene quindi sottoposto a tre soffi: il primo segna un tasso alcolemico di 0,33 mg/l, il secondo di 0,28 e il terzo di 0,28. Sul display appare però "calibrazione scaduta"». I due appuntati, visto che il problema degli etilometri è noto da settembre, hanno l'indicazione interna che se la misurazione indicata è compresa tra 0,25 e 0,39 occorre interpellare il capogruppo per decidere il da farsi.

Il giro di telefonate - «Il sergente maggiore chiama quindi l'aiutante capo e anche lui decide di scalare la gerarchia, contattando un ufficiale. L'ufficiale ordina di prendere un nuovo apparecchio, trasportarlo ad Airolo e sottoporre Gobbi a un nuovo test».

L'arrivo ad Airolo dell'aiutante capo e del sergente maggiore avviene alle 2.23 al più presto, secondo il GPS alle 2.25. «A questo punto dobbiamo aggiungere almeno due minuti di convenevoli. Il soffio è quindi avvenuto tra le 2.26 e le 2.32».

Per Pagani «ciò significa che il test è avvenuto almeno nove minuti oltre le due ore dall'orario effettivo dell'incidente e, anche secondo l'erronea stima degli agenti, almeno sette minuti oltre le due ore dall'incidente». Ma anche «un minimo di 49 minuti oltre la soglia delle due ore dal momento in cui Gobbi si era messo alla guida».

«L'esame del sangue andava fatto» - Va detto che un appuntato presente sul posto si era accorto che erano passate oltre due ore dall'incidente. «Da parte di tutti vi era quindi la consapevolezza che l'esame del sangue andava fatto».

Tuttavia «il sergente maggiore riferisce all'aiutante capo che, secondo una presunta prassi, siccome sono passati pochi minuti dalle due ore dall'incidente e ci si trova in zona discosta, allora si può prescindere dall'esame del sangue».

«Una "prassi", questa, di cui non è stata fornita alcuna evidenza», sottolinea Pagani. «Parliamo poi di una scarsa decina di casi sull'arco di tre anni, a fronte di centinaia e centinaia di casi. Airolo non si può inoltre considerare una zona discosta, trovandosi sull'asse autostradale».

Perciò, «nella migliore delle ipotesi, gli agenti si sono presi il rischio di favorire il consigliere di Stato».

«C'era incertezza, ma non è stata accertata un'eventuale alcolemia» - Pagani ha comunque concesso che la situazione era complessa. «I due agenti si sono trovati confrontati con un conducente che era il direttore del dipartimento di cui facevano parte, e con degli etilometri che presentavano un problema. Ciò ha creato grande incertezza e insicurezza. E va detto che su 12 etilometri disponibili quella sera solo 5 erano utilizzabili».

Il reato di favoreggiamento, tuttavia, per la pubblica accusa è dato: «Non ordinando un esame del sangue per Gobbi, non si è accertata un'eventuale alcolemia».

«Se non ci fosse stato di mezzo Gobbi non saremmo qui» - La parola è poi passata alla difesa. «È un'accusa pesante quella che viene fatta ai due imputati, perché parla di una giustizia che va a due velocità», premette l'avvocato Roy Bay, rappresentante legale del sergente maggiore. «Ma la verità è che se il conducente in questione non si fosse chiamato Norman Gobbi, una figura pubblica, non saremmo qui. E un procedimento amministrativo non sarebbe diventato penale».

«Occorre quindi riportare il procedimento sui binari del diritto. Al di là delle percezioni, dei commenti e dei sospetti, ruota tutto intorno all'Ordinanza sul controllo della circolazione stradale».

L'articolo 12, in particolare, stabilisce che se sono passate oltre due ore dall'incidente, si è oltre la soglia dello 0,15 e vi è un sospetto che l'automobilista abbia guidato in stato di ebrietà, va eseguito un esame del sangue.

Tempistiche dubbie - «In primis non vi è certezza che fossero passate le due ore dall'incidente», afferma Bay. «Il superamento delle due ore non è stato oggettivamente dimostrato, e gli agenti non erano consapevoli delle esatte tempistiche. Non vi era quindi un obbligo legale di disporre un esame del sangue».

A prendere la decisione di seguire la prassi di esimersi dall'esame del sangue, viene sottolineato, «è stato inoltre l'aiutante capo, superiore gerarchico».

«È possibile che prima il tasso alcolemico fosse più basso» - Vi è poi un elemento soggettivo: il sospetto dello stato di ebrietà. «Il primo test, quello che registrò un tasso di 0,28 mg/l, segnava "calibrazione scaduta"», evidenzia l'avvocato Bay. «Una simile scritta non è un dettaglio irrilevante, perché la misurazione non può essere considerata valida. Gli agenti in quel momento avevano non solo la facoltà, ma l'obbligo di considerare nulla quella misurazione».

Per quanto riguarda invece il secondo test, che ha rilevato uno 0,24 mg/l, «non dà un sospetto di ebrietà. Se questa cifra genera sospetto, di fatto, si toglie valore alla soglia dello 0,25. Inoltre non si può dedurre che due ore prima il tasso di alcolemia fosse più alto. Sul piano scientifico, il tasso alcolemico può arrivare a un picco anche ore dopo l'assunzione di alcol, perché dipende dal suo assorbimento nel corpo. È quindi possibile che un test effettuato prima possa rilevare un valore più alto di un test effettuato dopo».

«Gobbi era lucido» - Per quanto concerne invece lo stato psicofisico di Gobbi, «quella sera ha chiamato la polizia, ha sollecitato gli agenti e al loro arrivo si è mostrato lucido, cooperativo e rispettoso. Non aveva difficoltà motorie e non mostrava comportamenti che potevano indicare che fosse in stato di ebbrezza». Secondo l'avvocato, quindi, «il sospetto non c'è mai stato».

«Una vicenda montata dalla politica» - «Sugli agenti di polizia grava un'aspettativa di perfezione assoluta, ma questi agenti hanno fatto il loro dovere», ha concluso. «Questa è una vicenda montata dalla politica e amplificata dai media. E questo procedimento non è stato abbandonato solo per timore che l'opinione pubblica possa pensare a dei favoritismi».

«Era sul posto proprio per assicurarsi che la procedura venisse seguita» - A esprimersi è infine stata l'avvocato Maria Galliani, legale dell'aiutante capo. «Il mio assistito ha liquidato l'incidente sulla base dell'informazione fornita dal sergente maggiore. Quest'ultimo gli aveva detto che con il superamento di pochi minuti delle due ore dall'incidente si riteneva buono il test senza procedere all'esame del sangue. E il mio assistito non aveva motivo di ritenere che quanto il collega gli avesse detto fosse erroneo».

Galliani ha poi evidenziato che il favoreggiamento è un reato intenzionale. «Non emerge un unico indizio secondo cui l'aiutante capo si sia mosso da casa con l'intenzione di favoreggiare Gobbi. Si è recato sul posto proprio per assicurarsi che la procedura venisse seguita perfettamente e che si evitassero sbavature».

«La trasparenza c'è stata» - In seguito all'incidente, inoltre «si era premurato di preparare un testo per i media. Un inno alla trasparenza, viene da dire. Questo non è il comportamento di una persona che ritiene, anche solo per dolo eventuale, di aver commesso un reato. Merita quindi che gli venga dato atto di aver trattato il caso dell’incidente di Gobbi come sarebbe stato trattato qualsiasi altro incidente in quelle condizioni».

«Ho la coscienza pulita» - A parlare sono infine stati i due agenti. «L'impatto politico e mediatico è stato enorme, sia su di me che sui miei familiari», ha detto l'aiutante capo. «Penso sia giusto fare delle verifiche, ma ho sempre svolto il mio lavoro con serietà. Ho la coscienza pulita e non ho mai pensato di favoreggiare qualcuno».

«Assurdo che il mio caso venga usato per dei giochi politici» - «Io ho agito correttamente. Ho sofferto e trovo assurdo che il mio caso venga usato per dei giochi politici, perché io sono una persona apolitica», gli ha fatto eco il sergente maggiore.

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