Il "Pedo Hunter": «Abbiamo rintracciato 298 presunti pedofili»

Famoso sui social, Marvin Ojaghi ha costruito un team per smascherare adulti che irretiscono bambini. Una missione che lo impegna in termini di tempo, ma anche psicologicamente.
Quello dei cacciatori di pedofili è un fenomeno che sempre più spesso rimbalza agli onori delle cronache. Anche in Ticino il tema ha di recente fatto discutere, dopo che un folto gruppo di ragazzi (una trentina), sono finiti nel mirino di un'inchiesta portata avanti dalla Magistratura dei minorenni, per delle aggressioni ai danni di alcuni presunti pedofili.
I giovani - ricordiamo - sfruttavano le reti social, avvalendosi anche di profili fittizi, per entrare in contatto con persone intenzionate ad avere degli incontri a connotazione sessuale, organizzando quindi un appuntamento che si tramutava in una spedizione punitiva.
Marvin Ojaghi, 31 anni, vive vicino a Stoccarda e da quattro anni dedica gran parte delle sue giornate a smascherare e denunciare presunti pedofili online. Ex hacker, è oggi conosciuto sui social come “Pedo Hunter”, con circa 280.000 follower su TikTok.
Insieme a una squadra di circa 40 volontari adulti, Ojaghi crea falsi profili di bambine tra gli 11 e i 12 anni – “Louisa” o “Lena” – per attirare pedofili in chat, raccogliere prove e poi incontrarli dal vivo per consegnarli alla polizia.
In quattro anni, afferma, ha contribuito all’arresto di 298 sospetti in Germania e nei paesi germanofoni, Svizzera inclusa, dove esistono due squadre collegate, ma che non hanno ancora condotto operazioni.
Ojaghi sottolinea che il suo gruppo non usa violenza. Gli incontri, spesso trasmessi in diretta su TikTok, avvengono in luoghi pubblici e in sicurezza. Se i presunti pedofili desiderano un incontro dal vivo, Ojaghi e i suoi assistenti valutano attentamente il luogo dell'incontro. Il loro obiettivo: impedirgli di fuggire, assicurandosi al contempo che non gli accada nulla di male. «Vogliamo che vada in prigione sano e salvo e che sconti la sua pena!».
Tuttavia, dietro le quinte, il lavoro è logorante: ogni giorno passa fino a sei ore a chattare con potenziali pedofili, gestendo oltre 50 profili falsi e archiviando prove. E lo fa parallelamente al suo lavoro di junior sales manager presso Vodafone. Spesso subisce contenuti disturbanti, che gli causano insonnia e stress.
Il suo obiettivo è far luce sul problema degli abusi sui minori, tema che lo tocca da vicino, essendo cresciuto in orfanotrofio ed essendo stato testimone di abusi. Ha scritto libri per bambini sui pericoli di internet e promosso una petizione per pene più severe contro i pedofili.
Non mancano però le critiche. Il criminologo Dirk Baier dell’Università di Zurigo riconosce il valore dissuasivo delle sue azioni, ma le considera pericolose: Ojaghi, spiega, rischia di diffamare persone innocenti e di compromettere indagini ufficiali, spingendo i veri colpevoli a nascondersi meglio. Inoltre, secondo Baier, l’attività del “cacciatore di pedofili” non nasce solo da altruismo, ma anche dal desiderio di potere e rivalsa morale.
Ojaghi, che sottolinea di aver smesso di mostrare i volti dei colpevoli, continua comunque la sua missione: rendere visibile un crimine sommerso e spingere la società a non voltarsi dall’altra parte.