Lugano e la politica energetica – un bilancio imbarazzante

Leandro De Angelis Presidente giovani verdi liberali Ticino
La transizione energetica di una città non avviene da sé, soprattutto per quanto riguarda gli edifici. Bisogna passare dalle importazioni di gas e nafta alla produzione locale di energia, tramite teleriscaldamento e termopompe. I vantaggi sono numerosi, per l’ambiente, ma anche per l’economia e il portafogli del cittadino medio. Servono investimenti e, soprattutto, serve un piano. Mentre Lugano si sta distinguendo soprattutto per una cosa: la sua imbarazzante passività.
Non solo Zurigo e Ginevra, ma anche tutti gli altri grandi comuni svizzeri sono ormai alla seconda o la terza edizione della loro strategia energetica. Già 10 o 15 anni fa hanno realizzato che la transizione è una necessità e allo stesso tempo un’opportunità e hanno agito di conseguenza. Hanno fatto un primo piano per capire come riscaldare gli edifici in maniera ecologica, economica e locale, come aumentare la produzione del solare e altro ancora. Passato qualche anno hanno aggiustato il tiro e ora hanno una strategia consolidata. Alle grandi città hanno seguito centinaia di comuni più piccoli, come per esempio Locarno, Mendrisio, Agno, Bioggio, Manno, Ascona, Capriasca, Collina d’Oro, Sorengo.
Sul sito di Lugano si legge che la città è consapevole delle sfide ambientali ed energetiche “così come dell'importanza per gli enti pubblici di identificare strategie”, e che la decisione di creare una politica energetica fu presa già nel 2016. Nobili intenti, ma a distanza di nove anni stiamo ancora aspettando. E dato che alla nona città svizzera i tecnici competenti non mancano, un tale ritardo è spiegabile in un solo modo: l’inerzia politica.
Non è che si faccia tutto sbagliato, infatti la città porta avanti di tanto in tanto anche progetti interessanti. L’errore è credere che gli interventi puntuali, il navigare a vista, ci facciano arrivare da qualche parte. È falso perché l’assenza di visione strategica rende tutto più complicato, lento, aumentando il rischio di lavoro a compartimenti stagni e quindi di errori, inefficienze. Si avanza a rilento, perdendo tempo prezioso nella lotta al cambiamento climatico, che ogni anno di più si fa sentire tra estremi di secchezza, precipitazioni e temperature. E si perde tempo per la realizzazione dei vantaggi economici della transizione. Termopompe e teleriscaldamento non sono gratis, ma si tratta di denaro che, invece di andare ad arricchire una manciata di aziende del gas e del petrolio, vengono investiti nel tessuto economico locale, creando posti di lavoro, riducendo sul medio termine i costi energetici dei cittadini e l’inquinamento. Invece no, si continua a far bruciare (letteralmente) decine di milioni ogni anno ai Luganesi per comprare energia fossile.
Nel 2025 non ci resta che sperare che la politica luganese si assuma le sue responsabilità e provveda, finalmente, a dotare la città di una politica energetica degna di questo nome.