Uno su cinque ce l’ha, e può portare alla morte improvvisa

La lipoproteina(a) è un fattore di rischio genetico nascosto e perlopiù sconosciuto. «Elevati livelli comportano un rischio tre volte più alto di infarto o ictus», ci dice il cardiologo Marco Valgimigli.
LUGANO - Non dipende dallo stile di vita, da quello che si mangia e beve, dal fumo o dall’attività fisica. Ma solo dalla genetica. Si chiama lipoproteina(a), e chi ne ha livelli elevati nel sangue - ben una persona su cinque - ha un rischio tre volte più alto di contrarre un infarto o un ictus.
Ne parliamo con il dottor Marco Valgimigli, viceprimario di cardiologia del Cardiocentro e responsabile del servizio di ricerca cardiovascolare.
«La lipoproteina(a) facilita il trasporto di colesterolo e lipidi nel sangue», premette. «Elevati livelli possono però creare degli accumuli nelle pareti arteriose e causare la formazione di masse di grasso chiamate placche aterosclerotiche. Queste placche, a loro volta, possono indurre eventi cardiovascolari quali infarto o ictus e portare a una morte improvvisa».
Già, perché oggi le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte al mondo.
«Tra il 20 e il 25% della popolazione, anche in Ticino» - Quanto emerge dai più recenti studi, intanto, incute un certo timore. «Sì, tra il 20 e il 25% della popolazione ha valori elevati di lipoproteina(a)», conferma Valgimigli. «Cifre, queste, che trovano riscontro anche nel panorama ticinese».
«Non si voleva seminare il panico» - Ma perché allora nessuno ne parla? «Che la lipoproteina(a) sia un fattore di rischio cardiovascolare lo si sa da circa 10-15 anni, ma è sempre stato un argomento tutto sommato di nicchia, sul quale le società scientifiche non hanno mai concentrato l’attenzione», spiega. «Fino a pochissimi mesi fa le nostre linee guida erano inoltre piuttosto vaghe sul testare o meno la popolazione per questi valori».
Questo, secondo il cardiologo, «perché siccome non esiste ancora una modalità efficace di ridurre la lipoproteina(a) era opinione relativamente condivisa nella comunità scientifica che non si dovesse generare paura o addirittura panico nei cittadini portatori sani di questa elevazione. Si partiva dal presupposto che il paziente vuole una soluzione, non solo essere cosciente di un rischio».
Prevenire, su altri fronti - Qualcosa, però, sta cambiando. «Questa posizione è stata rivista. Il concetto ora è “Tu lo devi sapere se hai la lipoproteina(a) aumentata, perché incrementa il rischio di avere degli eventi cardiovascolari”. In quel caso oggi è consigliabile controllare tutti gli altri fattori di rischio noti, che al contrario della lipoproteina(a), possono essere controllati mediante alcune medicine o con lo stile di vita. La Lp(a) è infatti uno dei fattori di rischio, non l’unico, e agendo positivamente sugli altri posso comunque ridurre il rischio di eventi legati alla sua elevazione».
Medicamenti in arrivo - E, guardando al futuro, presto potrebbero arrivare importanti novità. Diverse case farmaceutiche, infatti, stanno lavorando sullo sviluppo di farmaci per la riduzione dei valori di Lp(a). «Gli studi sono in corso e i risultati del primo farmaco sono attesi nel corso del 2026».
«Il test? Tutti dovrebbero farlo» - Di recente, intanto, «l’attenzione sulla lipoproteina(a) è grandemente aumentata e a fine agosto c’è stato un aggiornamento delle nuove linee guida europee sulle dislipidemie. Ora queste direttive indicano che chiunque è a rischio di un potenziale sviluppo di malattia aterosclerotica, in prevenzione primaria e a maggior ragione in prevenzione secondaria, dovrebbe essere controllato almeno una volta nella vita per questo fattore di rischio».
Secondo Valgimigli, dunque, tutti idealmente dovrebbero misurare i propri valori di lipoproteina(a). «Ovviamente tanto più una persona ha una propensione personale o familiare allo sviluppo di malattie cardiovascolari, tanto più precocemente la dovrebbe controllare».
«Vanno considerati gli altri fattori di rischio» - Il test andrebbe però interpretato nel contesto del quadro medico generale, che comprende anche gli altri fattori di rischio cardiovascolari. «Una persona deve conoscere anche i propri livelli di colesterolo cattivo (LDL), deve sapere se ha i valori di pressione ben controllati, e deve essere consapevole che se fuma, se non fa mai esercizio fisico o è in sovrappeso fa del male alle proprie arterie».
Insomma, «non è che se i nostri valori di lipoproteina(a) sono nella norma automaticamente siamo salvi da ictus ed infarti. E viceversa non è che se abbiamo i valori alti siamo già dei malati cardiovascolari», sottolinea il cardiologo.
Per tutte le tasche - La buona notizia, ad ogni modo, è che il test della lipoproteina(a) è alla portata di tutte le tasche. «Ha un costo di una decina di franchi», rassicura Valgimigli. «Al Cardiocentro lo abbiamo implementato da due o tre anni, e penso che dovrebbe essere più diffusamente misurato anche presso altri studi medici. Con le nuove linee guida della Società Europea di Cardiologia mi aspetto però dei cambiamenti», conclude.











