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HelvEthica Ticino

Scollamento tra società civile e classe politica

Isa De Luca, coordinatrice di HelvEthica Ticino
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Scollamento tra società civile e classe politica
Isa De Luca, coordinatrice di HelvEthica Ticino

A due settimane dal voto federale sull’identità elettronica, restiamo in attesa delle decisioni sui ricorsi inoltrati dopo l’annuncio dei risultati finali. Diverse associazioni e cittadini vigili hanno infatti scritto alla Cancelleria federale, segnalando irregolarità e anomalie che meritano di essere chiarite. L’ultima parola, dunque, non è ancora stata detta: presto sapremo se l’introduzione dell’identità elettronica in Svizzera sarà una realtà definitiva o se l’intero processo dovrà essere rivisto.

Al di là dell’esito formale, questa votazione ha rivelato un dato inquietante: il crescente scollamento tra la società civile e la classe politica. Quasi la metà della popolazione svizzera ha votato contro l’introduzione dell’Id-e, percepita da molti come un potenziale strumento di controllo digitale e non come un semplice progresso tecnologico. Eppure, in Ticino, solo un piccolo partito, HelvEthica Ticino, che rappresenta poco più del due per cento della popolazione, ha avuto il coraggio di schierarsi apertamente per il “No”.

Questo scarto fra l’opinione pubblica e le forze politiche tradizionali è significativo. Come può il novantotto per cento della classe politica raccomandare un “Sì” quando metà dei cittadini ha votato “No”? È il segnale che una parte consistente della popolazione, circa il quaranta per cento, non si riconosce più nei propri rappresentanti.

Nonostante risorse limitate, HelvEthica Ticino ha condotto una campagna referendaria determinata, ottenendo un risultato notevole se si considera che, parallelamente, denaro pubblico e fondi governativi sono stati impiegati per promuovere il “Sì”. A questo si aggiungono le “stranezze” già segnalate nel comunicato stampa diffuso online: finanziamenti considerevoli e potenzialmente illegali a favore del “Sì” da parte di Swisscom AG, Ringier AG e TX Group, e la misteriosa diminuzione della percentuale di partecipazione nei quaranta minuti precedenti la chiusura ufficiale del voto. Tutti questi elementi alimentano dubbi legittimi sulla trasparenza e la correttezza del processo democratico.

Dietro la questione tecnica dell’identità elettronica si cela una trasformazione molto più profonda: la digitalizzazione totale della vita umana. Oggi la scelta è formalmente facoltativa, ma la storia insegna che la “facoltatività” ha vita breve. L’Id-e potrebbe aprire la strada a modelli di controllo sociale e ambientale, come i crediti di carbonio personali, già sperimentati altrove. Accettare questo sistema senza un dibattito aperto e trasparente significa rinunciare a un pezzo di libertà individuale in cambio di una presunta efficienza digitale.

Il caso dell’Id-e mostra che il divario tra popolo e istituzioni si sta allargando. Quando le decisioni politiche vengono prese in contrasto con la volontà di metà dei cittadini, la democrazia si indebolisce. Segnalare pubblicamente le anomalie, i brogli e le illegalità, soprattutto quando provengono da chi gestirà direttamente la Id-e, non è solo un diritto ma un dovere civico. Essere vigili, informati e attivi è oggi più che mai fondamentale per difendere i valori democratici e la libertà personale di ogni cittadino.

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