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Reuille, uomo in carriera… dopo la carriera

«Ho scoperto i weekend. Mi piacciono tanto ma non c’è il divano: con mia moglie facciamo i tassisti per le nostre figlie»
Reuille, uomo in carriera… dopo la carriera
TioTalk
Il filo conduttore tra le due vite di Sébastien Reuille è la passione
Reuille, uomo in carriera… dopo la carriera
«Ho scoperto i weekend. Mi piacciono tanto ma non c’è il divano: con mia moglie facciamo i tassisti per le nostre figlie»
«Lo sport? Faccio un po’ di palestra, anche se è più “public relation”. Una-due volte l’anno partecipo poi a delle partite di beneficenza. E mi sento vecchio: per una settimana mi fa male la schiena».

LUGANO - Per molti anni è stato il guerriero, simbolo di forza e abnegazione. Ora invece è “solo” un professionista. Non nel suo hockey, mondo che ultimamente guarda dall’esterno, ma in politica come consigliere comunale a Lugano e soprattutto nel settore immobiliare, che frequenta da quando ancora aveva il suo posto riservato nello spogliatoio. Il filo conduttore tra le due vite di Sébastien Reuille è la passione. Quella che aveva quando si muoveva sul ghiaccio e indossava casco è pattini è la medesima che ha ora che vive la città e indossa un completo elegante. 

«Camicia, giacca, ma non la cravatta, la odio - ci ha raccontato il 44enne ex campione, iconico uomo-squadra a Lugano - Ero abituato con la tuta ma è da sei anni che sono con questo vestito. Sicuramente cambia, ma cambia anche il ritmo di vita. Ma è già dal 2010, quando sono arrivato a Lugano per la seconda volta, che ho pianificato il mio dopo carriera: in quell’occasione ho creato la mia società immobiliare con un amico. E grazie a lui avevo già cominciato a studiare. Mi ricordo che, quando ero a Rapperswil, ogni mercoledì prendevo il treno il pomeriggio per andare a Bienne a fare la scuola immobiliare, per poi tornare a casa la sera. E questo per quasi due anni. Poi, appunto, tornato a Lugano abbiamo deciso di partire. Naturalmente ci è voluto tempo per creare connessioni, ma dopo tre-quattro anni ho cominciato a girare davvero. Lo facevo più come hobby ma anche pensando a quando avrei smesso, anche se non sapevo che sarebbe diventato full time. Ho fatto anche il direttore sportivo per cinque anni ai Ticino Rockets, ma lo sport si sa: se fai un buon lavoro rimani, altrimenti vai via. Il bello di questa situazione è invece che l’hockey è sempre una passione, ma negli anni sono riuscito a creare la mia vita, nella quale posso scegliere quello che voglio fare. E ora ho scelto questa strada e questa stabilità».

Non senza fatica.
«Tanta gente pensa che il mio essere un ex sportivo mi abbia aiutato. È stato così a livello di conoscenze ma in realtà non è stato un vantaggio. All’inizio qualcuno pensava che sapessi solo stare in pista e nient’altro. Ho quindi dovuto fare quello a cui ero abituato sul ghiaccio: se vuoi il tuo posto in squadra devi dimostrare ogni sera che sei bravo».

Un po’ di sport è rimasto nella vita di Seba Reuille?
«Faccio un po’ di palestra una volta a settimana. Anche se devo ammettere che una volta a settimana non è proprio palestra. Diciamo che faccio public relation. Una-due volte l’anno partecipo poi a delle partite di beneficenza con le Old Star. E mi sento vecchio. Non durante le sfide, dove mi diverto tanto, ma dopo: per una settimana mi fa male la schiena. In quelle occasioni c’è un bel ritmo e grande competitività. È molto divertente. Abbiamo anche una chat tra noi giocatori, ma molto professionale, non “da spogliatoio”. Ce ne sono altre che sono terribili».

Ex campione, professionista del settore immobiliare… Seba Reuille è però soprattutto marito e padre.
«Ho scoperto i weekend. Mi piacciono tanto ma non c’è il divano: con mia moglie facciamo i tassisti per le nostre figlie».

Dominante in campo, ultima ruota del carro a casa?
«No, no, apprezzo molto quello che fa mia moglie perché io sono spesso assente. Discutiamo, scegliamo insieme. Posso dire la mia ma non su tutto, non ho sempre l’ultima parola… Per quel che riguarda le mie figlie, il mio essere un ex campione è per loro particolare. Sono fiere di questa cosa; soprattutto la grande, che è un po’ timida, a volte però si vergogna un po’. Per la piccola invece tutto è bello. L'altro giorno mi ha detto. “Papà, sono famosa grazie a te”».

Milletrentacinque partite di carriera e altrettanti aneddoti per il quale vale la regola “tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te”. Uno dei più significativi?
«Ne ho una lista lunghissima. Potrei parlare della “vendita” dell’auto di Ulmer, di Huras musicista, di un coach che ci tirava addosso i dischi. Racconto quello del Papeete Beach. Per il team building, a Lugano in un paio di occasioni, a luglio, siamo andati a Milano Marittima. Una volta abbiamo cominciato il pomeriggio a bere due-tre bicchieri, poi c’è stata qualche bottiglia di champagne, abbiamo cantato sul palco, hanno pagato gli stranieri… è stata insomma una bella serata».

Ma?
«Sulla strada verso l’albergo c’era un ponte su un piccolo fiume. E due giocatori hanno deciso di fare un tuffo. Uno si è tolto il Rolex per evitare di danneggiarlo e lo ha lasciato su un muretto. È saltato e, a parte che si è aperto i piedi perché c’era pochissima acqua, si è dimenticato l’orologio, accorgendosene solo la sera. È andato nel panico più completo, è tornato indietro ma naturalmente l’orologio era andato… Diciamo che qualcuno si è guadagnato la vacanza. Sempre in Romagna, un altro anno, un mio compagno si è fatto male giocando a beach volley. Gli è uscita la spalla ed è stato fuori quattro mesi. E da allora il direttore sportivo ha proibito alla squadra di andar lì a fare il team building».

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COMMENTI
 

Chi ha ragione 1 sett fa su tio
Povero Rolex 🙀🙀

Capra 1 sett fa su tio
Io credo invece che essere conosciuto, sia molto più vantaggioso che l’opposto!!!
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