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«Avanzavo con due fucili puntati contro». Parla l'inviato di guerra dal Ticino

Emilio Romeo parte verso le aree di crisi, per raccontare con la sua videocamera gli orrori dei conflitti armati. Guarda il nuovo episodio di TioTalk
«Avanzavo con due fucili puntati contro». Parla l'inviato di guerra dal Ticino
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«Avanzavo con due fucili puntati contro». Parla l'inviato di guerra dal Ticino
Emilio Romeo parte verso le aree di crisi, per raccontare con la sua videocamera gli orrori dei conflitti armati. Guarda il nuovo episodio di TioTalk

LUGANO/SAVOSA - Emilio Romeo, videomaker inviato in aree di crisi e di guerra come Ucraina, Palestina, Colombia e Libano anche per la RSI, si racconta a TioTalk: «Sono stato in Ucraina per la decima volta, vicino al fronte, raccontando i punti di primo soccorso medico».

Cos’è che ti spinge a tornare in zona di guerra?
«Le persone e il paesaggio umano che portano dentro di sé. Fare informazione per il servizio pubblico è una missione, oltre che una sfida».

Quali aspetti della guerra non arrivano mai al pubblico?
«Noi inviati raccontiamo molto, ma certe sensazioni non passano. Penso per esempio al volto e all'espressione di una donna che aveva perso tutti i colleghi a Mykolaiv. Ecco la profondità di quella perdita è difficile da descrivere solo con le immagini».

C’è qualcosa che ha vissuto sul fronte che ti segnerà per sempre?
«Certo, ricordo un attacco con quattro missili caduti a 400 metri: l’infermeria in cui eravamo tremava sotto i colpi. Oppure la notte passata in un camion con il corpo di un ragazzo di 19 anni caduto in guerra. Sono immagini che non si cancellano».

Hai mai pensato alla tua morte?
«All’inizio era un pensiero fisso, ma poi la missione prende il sopravvento. Ti concentri sul lavoro: batterie cariche? Telecamera pronta? E vai avanti».

Il giornalista è percepito come un obiettivo da colpire secondo te?
«Non posso generalizzare. Ma basta leggere i giornali per farsene un'idea. Ci sono stati casi, specialmente all’inizio della guerra in Ucraina, in cui alcuni media erano chiaramente presi di mira».

Il fronte come vede voi inviati?
«In generale c’è rispetto, ma dipende dal contesto. Quando inizia l’azione devi quasi scomparire, non devi intralciare. Siamo lì per raccontare il conflitto in corso e per l'esercito è un momento per raggiungere una platea più ampia».

Come ti poni di fronte al dolore delle vittime?
«Cerco di non superare mai il limite della decenza. Racconto il dolore senza spettacolarizzarlo. Per me conta la persona, non solo l’immagine».

Nonostante tutto, il sorriso non ti manca...
«Forse perché è il mio modo per affrontare realtà dure. E per portare a casa un po’ della voce di chi vive in quelle condizioni».

Raccontaci dell’episodio con i fucili puntati.
«Ero a Hebron, in Palestina, a due passi da un check point per raccontare con la videocamera quello che stava succedendo. Due soldati mi hanno puntato. Ho alzato le mani continuando a filmare, dichiarando le mie intenzioni. Alla fine per fortuna si sono ritirati».

Guarda tutti gli episodio di TioTalk nell'apposita sezione di Tio.ch oppure nell'apposita playlist di YouTube.

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