«Ragazzi licenziati dopo pochi mesi di lavoro»



Incomprensioni tra la Generazione Z e le aziende. Le esigenze dei giovani sono esagerate? A Tio Talk parla l'esperta Sara Rossini: «Indietro non si torna».
Incomprensioni tra la Generazione Z e le aziende. Le esigenze dei giovani sono esagerate? A Tio Talk parla l'esperta Sara Rossini: «Indietro non si torna».
SAVOSA - I baby boomers stanno per andare in pensione. E in Svizzera entro un decennio verranno a mancare circa 400'000 lavoratori. Allo stesso tempo c'è una generazione, quella dei giovani di età compresa tra i 15 e i 25 anni, che ha una concezione completamente diversa del mondo del lavoro. Chi lavorerà in futuro dunque? E chi pagherà le "nostre" pensioni? A Tio Talk se ne parla con Sara Rossini, esperta di giovani e mondo del lavoro.
Che caratteristiche hanno i ragazzi della Generazione Z?
«Per loro la carriera non è così importante. Oppure vogliono bruciare le tappe. Arrivare subito in alto. Desiderano la separazione netta tra l'attività professionale e il tempo libero. Vogliono essere più valorizzati e guadagnare “facile”. La Generazione Z non scende a compromessi. E per questo in alcuni casi i giovani vengono licenziati dopo pochi mesi o non vengono neanche presi in considerazione».
Il pensiero della Generazione Z sta contagiando anche gli altri lavoratori?
«Sì. Molti stanno iniziando a chiedersi "perché devo andare a lavorare se non vengo valorizzato, se non vengo preso in considerazione, se non mi ascoltano". Ci sono tante persone insoddisfatte. Stando a un'inchiesta globale condotta da Gallup il 79% è disimpegnato, o addirittura “attivamente disimpegnato”, poco attaccato al mestiere che fa e all'azienda in cui opera».
Quando è cambiata la mentalità?
«Il grande cambiamento è arrivato con la pandemia e coi lockdown. Lì la gente è rimasta a casa e ha capito il valore del tempo, della persona. Aspetti comunque importanti che dimostrano come la Generazione Z non vada demonizzata».
Siamo di fronte a giovani da educare. Ma come?
«Insegnando loro cosa sono la puntualità, l'affidabilità, il pensiero critico. Io mi rapporto con giovani che si accontentano della sufficienza. Dopo la Generazione Z arriverà la Generazione Alpha, figlia della super tecnologia. E saremo ancora più chiamati a coltivare lo sviluppo delle competenze sociali. Si dice che in queste generazioni manchi la capacità di relazionarsi con l'altro».
Ma a che età si può insegnare queste attitudini ai ragazzi?
«Gli apprendisti sin da subito dovrebbero essere accompagnati nello sviluppo di queste competenze. Con liceali e universitari è più complicato. Insegnare simili competenze a ragazzi di 22-25 anni che fin lì hanno solo studiato è una grande sfida. Forse sarebbe bello che in estate gli studenti tornassero a svolgere lavori o stage».
Le aziende come vivono questo fenomeno?
«Pensano sia solo una moda temporanea, che poi tornerà tutto come prima. Non è così. La verticalizzazione della gerarchia con questa generazione non funziona, tanto per fare un esempio. Funziona invece il lavoro di team, in cui si dà spazio a tutti e ognuno porta il proprio punto di vista. Il mondo corre. Le aziende devono capire subito questa inversione netta di marcia e percorrere la via del compromesso».























































































































