«Vado con la coscienza pulita. È stato un viaggio intenso, finito con tanta delusione»


In casa Ambrì è il giorno della rivoluzione, quello dell'addio di Paolo Duca e Luca Cereda: «Non ho mai avuto la sensazione che la squadra mi avesse mollato».
Il tecnico di Sementina lascia dopo oltre otto anni: «Ormai il vaso era rotto. Sarebbe stato troppo complicato sia per noi che per i giocatori trovarsi a battagliare di nuovo insieme».
In casa Ambrì è il giorno della rivoluzione, quello dell'addio di Paolo Duca e Luca Cereda: «Non ho mai avuto la sensazione che la squadra mi avesse mollato».
Il tecnico di Sementina lascia dopo oltre otto anni: «Ormai il vaso era rotto. Sarebbe stato troppo complicato sia per noi che per i giocatori trovarsi a battagliare di nuovo insieme».
AMBRÌ - Tanto tuonò che piovve. In casa Ambrì le avvisaglie si sono tramutate nel più rumoroso dei ribaltoni, con la fine dell’era Duca-Cereda e un futuro, a livello di guida tecnica e sportiva, tutto da definire.
Volti tesi e occhi lucidi hanno fatto da sfondo alla rivoluzione, ufficializzata in mattinata. Dopo più di otto anni di sacrifici e passione, tra alti e bassi ma sempre battagliando con coraggio col coltello tra i denti - questo è innegabile -, il duo “Duke-Luke” lascia l’Ambrì. Sfiduciato dalla società, che per i modi si è scusata per bocca del presidente Lombardi e «ora dovrà portare il sacco», per dirla usando le parole dell’ormai ex direttore sportivo. Il club dovrà muoversi con rapidità e oculatezza per individuare i profili in grado di sostituire due pedine che - altro dato innegabile - il bene dell’HCAP lo avevano (e comunque lo avranno) nel cuore.
Il viaggio di Luca Cereda era iniziato il 28 aprile 2017, quando a Bellinzona venne presentato alla stampa dopo l’ottima esperienza ai Rockets. L’8 ottobre 2025, dopo 467 panchine tra tutte le competizioni, la storia è finita. «A caldo direi che è stato un viaggio intenso, pieno di emozioni forti e finito con tanta delusione per le modalità - interviene il 44enne - È stato comunque un bel viaggio. Anche noi sapevamo che più si andava avanti e più si avvicinava la fine di questo percorso, ma penso che il finale non ce lo immaginavamo e non ce lo auguravamo. Non tanto per il cambiamento, ma per come è successo».
Un pasticcio che ha innescato una situazione irreparabile. In queste ultime ore concitate la società ha cercato di convincervi a rimanere?
«Non saprei come definirlo. Io e Paolo siamo stati abbastanza chiari, ormai il vaso era rotto e diventava difficile rimettere insieme i cocci. Sarebbe stato troppo complicato sia per noi che per i giocatori trovarsi a battagliare di nuovo insieme. Le crepe rimangono e alla prima difficoltà riemerge tutto. Nelle difficoltà bisogna essere molto molto compatti per non far filtrare niente di sporco all'esterno. Ora questa compattezza non c’era più ed è giusto che il club scelga qualcun altro».
In mattinata, alla Gottardo Arena, da una parte c’era la squadra - sul ghiaccio agli ordini di René Matte ed Eric Landry -, dall’altra la conferenza stampa d’addio. Cereda ha parlato al gruppo?
«No. Paolo ci ha parlato, io no. Sono venuto alla pista questa mattina molto presto ma non ho incontrato il gruppo e penso sia giusto così. Il mio percorso è finito e adesso tocca a loro (Landry e Matte, ndr.), poi arriverà qualcun altro a cercare di aiutarli».
Per Cereda, che conosce perfettamente il roster, la soluzione attuale con Éric Landry e René Matte ad interim potrebbe bastare?
«Penso che la squadra sia molto vicina agli avversari. Vediamo. Non so quali siano le idee della società. Sta a loro valutare bene la situazione, ma la squadra sta bene fisicamente e ha tutte le risorse per uscire da queste difficoltà. È chiaro che in questo momento manchi fiducia perché i risultati sono stati pochi».
Vedendo anche le ultime partite l’impressione è che il gruppo non ti abbia mai mollato. O forse solo qualcuno degli scontenti.
«In un gruppo c’è chi gioca e chi sta fuori, non saranno mai tutti contenti. È lo sport. Non ho mai avuto la sensazione che la squadra mi avesse mollato né percepito di avere qualcuno contro. Anche col Davos hanno dato tutto, ma a fine partita avevamo zero punti in tasca. Proprio per questo sono dispiaciuto anche per loro, perché vedevo la frustrazione di chi non sta ottenendo quello che a volte meriterebbe».
Lasci l’Ambrì con la coscienza pulita, consapevole di aver dato tutto.
«Sì, l’unico rimpianto è che adesso non posso più aiutare l'Ambrì. Anche stanotte ripensavo alle ultime due settimane e, pure se potessi tornare indietro, non cambierei tante cose. La verità è che abbiamo fatto molte cose giuste, come volevamo farle. Da questo punto di vista non ho rimpianti e la coscienza è sicuramente pulita».
Il tuo futuro sarà ancora in panchina, magari oltre Gottardo?
«Per adesso anch’io, come ha detto Paolo, mi prenderò del tempo per la famiglia e per fare il papà. Riposare un po’ e ricaricare le pile per la prossima sfida, anche se non so dove potrà essere. Anche alla famiglia in passato avevo già detto che forse un giorno avremmo dovuto varcare il Gottardo. Ad oggi però è presto, non lo so».



















