Amicizia e lavoro non fanno rima


Duca e Cereda, licenziati o dimissionari? Nessuno ha voluto prendersi la responsabilità del divorzio
Nel periodo dell’iperprofessionalismo la gestione familiare di un club non è più concepibile.
Duca e Cereda, licenziati o dimissionari? Nessuno ha voluto prendersi la responsabilità del divorzio
Nel periodo dell’iperprofessionalismo la gestione familiare di un club non è più concepibile.
AMBRÌ - Confusione, incertezza, mezze parole che poi diventano paroloni, anche se non dicono tutto. La conferenza stampa che ha reso Paolo Duca e Luca Cereda degli ex è stata la perfetta rappresentazione di quello che è l’Ambrì. Un club che ha passione, sentimenti, in cui si sbaglia e si prova a rimediare, dove si alternano momenti "sottovoce" ad altri nei quali si strilla. Una società nella quale però, prima di tutto, non sempre la chiarezza è di casa.
Un’ora scarsa per raccontare quanto successo non è infatti bastata per spiegare se, dopo i litigi post-chiacchierata (di Filippo Lombardi) con Christian Dubé, direttore sportivo e allenatore sono stati licenziati - esonerati si dice nello sport - o invece hanno deciso di dimettersi.
«Ho fatto le scuse, anche se queste non incolleranno i pezzi del vaso», ha ammesso Lombardi. «Adesso il sacco dovrà portarlo qualcun altro», ha spiegato Duca. «Ci ha fatto male che eravamo d’accordo con la società di trovarci in futuro per parlare di questo momento», ha sottolineato Cereda. La formula della separazione, che farà la differenza nei prossimi mesi di conteggio di stipendio, è però rimasta sconosciuta.
“Contano i fatti”, si potrà obiettare. Tutto vero, ma questi raccontano di un club nel quale la professionalità si è spesso, troppo spesso, intrecciata con l’amicizia, condizionando scelte e strategie. Quella che lega (legava?) Lombardi a Duca e Cereda. O ancora quella, d’acciaio, tra direttore sportivo e allenatore. E nel periodo dell’iperprofessionalismo, delle società organizzate e condotte dai fondi, una gestione familiare non è più concepibile. Fa forse sembrare il club più vicino alla sua gente, è vero, ma non è sostenibile.
Come si può valutare oggettivamente l’operato di un subalterno se, oltre all’ufficio, con questo condividi anche emozioni vere? Filippo Lombardi ha sbagliato a fare un sondaggio con altri allenatori? La squadra stava andando male, ne aveva tutto il diritto. E aveva tutto il diritto di farlo senza prima interpellare chi dell’aspetto sportivo del club era responsabile. La rabbia di Duca e Cereda è comprensibile? Visti i risultati, se il club li avesse trattati da professionisti fin dall’inizio, invece che da figli, avrebbero dovuto mettere in conto un possibile avvicendamento. E poi ancora, “l’agire alle spalle, con lo spogliatoio, dopo aver detto altro solo pochi giorni prima” (parole di Duca) di Lombardi… Per il bene del club un presidente può tutto, anche accettare di farsi da parte. Correttezza e trasparenza non devono però mancare.
Posizioni e rapporti in una società sportiva, in ogni azienda a dire il vero, devo essere chiari, inutile girarci intorno. Senza, il massimo risultato non si può ottenere. Anzi, si rischia di rendere molto, molto, meno di quanto possibile.



















