E vissero tutti spremuti e scontenti

Daniele Caverzasio, Deputato (Lega) in Gran Consiglio
C’era una volta, a sud della Svizzera, un piccolo regno chiamato Ticino. Non aveva castelli scintillanti né dame in abito di seta, ma ferrovieri che all’alba accendevano locomotori e madri che dietro un banco passavano le giornate a far di conto. Un regno popolato da sudditi silenziosi, bravi a lavorare, meno bravi a lamentarsi, incastrati tra affitti, bollette e figli da crescere.
Ogni autunno, però, sul cielo sereno del regno si stagliava l’ombra del drago. Non sputava fuoco, non rapiva fanciulle: pretendeva monete. Sempre più monete. Ottocento, mille, milleduecento franchi. Anno dopo anno. E guai a opporsi, ché il sovrano da Bellinzona alzava il dito: “È legge. Così è scritto, così si deve pagare.”
Qui sorge la beffa: se è obbligo, non è più assicurazione. È una tassa travestita da polizza. Una gabella medievale che ti spillano col sorriso di chi ti dice che lo stai facendo “per il tuo bene”.
E in questo teatrino, mentre i contabili di corte tracciano grafici e bilanci, arriva la voce fuori dal coro: la Lega dei Ticinesi. Non con la spada, ma con una domanda di buon senso: se è tassa, trattiamola da tassa. Deduzione integrale dei premi. Non carità, non sussidi, non briciole: giustizia elementare per chi tiene in piedi il regno con le mani callose e le sveglie alle cinque.
I sapienti dei palazzi si affrettano a obiettare: “Ma i bilanci, ma gli equilibri, ma le compatibilità!”. Bei discorsi. Peccato che i veri bilanci non si facciano tra marmi e velluti, ma nelle cucine, accanto alle pentole, con una calcolatrice e un sospiro. È lì che si decide se il bambino avrà i pattini nuovi o se, quest’anno, serviranno al drago.
E così il mostro cresce, ingrassa e diventa sempre più insaziabile. La deduzione integrale non lo ucciderà, certo, ma almeno restituirà un po’ d’aria a chi ogni giorno combatte senza armature né scudi, solo con il sudore della fronte.
Care autorità di corte, i sudditi del regno ticinese non chiedono miracoli né promesse: chiedono solo respiro. Perché a forza di nutrire il drago, qualcuno resterà senza pane sulla tavola. E quando il pane manca, le favole non bastano più.
…e vissero tutti spremuti e scontenti.