Israele e Gaza: due pesi, troppe ferite


Lorenzo Onderka, già candidato per Avanti con Ticino&Lavoro
Lorenzo Onderka, già candidato per Avanti con Ticino&Lavoro
Da mesi, le immagini che arrivano da Israele e da Gaza ci colpiscono allo stomaco: corpi coperti da lenzuoli, madri che urlano sui marciapiedi, bambini feriti, città ridotte in macerie. Il dolore è immenso, e non ha passaporto. Si dice che Israele sia vittima di un odio speciale, di un pregiudizio antico. Si dice che solo contro di lui si usino parole come “genocidio”. Ma la verità è che il mondo ha parlato di genocidio in Ucraina, in Ruanda, in Bosnia, in Myanmar. Il mondo conosce, purtroppo, questo orrore, e lo nomina ovunque lo veda. Israele non è un’eccezione. Si dice che criticare Israele significhi odiare gli ebrei. No. L’antisemitismo (ma anche l’anticristianesimo e l’islamofobia) è un veleno, ma non può diventare uno scudo per mettere a tacere ogni critica. Ci sono ebrei, dentro e fuori Israele, che gridano contro le scelte del loro governo proprio perché amano il loro popolo e la loro terra. Ma c’è un’altra verità che non possiamo ignorare: Hamas porta una parte pesantissima di questa colpa. Il 7 ottobre 2023 ha ucciso, torturato, rapito. Ha colpito civili inermi. Ha ferito Israele nel cuore. E da anni, dentro Gaza, nasconde missili tra le case, scudi umani tra i propri fratelli, condannando il suo stesso popolo a pagare un prezzo di sangue. Questo è un crimine. E Israele? Ha diritto di difendersi, sì. Ma il diritto di difesa non è una licenza per distruggere indiscriminatamente. Quando gli attacchi cancellano interi quartieri, quando ospedali, scuole e rifugi diventano tombe, quando migliaia di civili, metà dei quali bambini, muoiono in poche settimane, qualcosa si è spezzato: non è più solo guerra, è una tragedia umana che il diritto internazionale ci obbliga a fermare. La verità è che in questo conflitto non esistono vittime “più pure” di altre. Ogni madre che piange un figlio, a Sderot come a Rafah, piange lo stesso dolore. Se vogliamo essere giusti, dobbiamo guardare ogni volto, ascoltare ogni storia, e chiedere responsabilità a tutti: ad Hamas per il terrore, a Israele per le sue azioni militari, alla comunità internazionale per le sue complicità e i suoi silenzi. Perché la giustizia non è scegliere da che parte piangere. È pretendere che il pianto finisca.
Lorenzo Onderka, già candidato per Avanti con Ticino&Lavoro