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SVIZZERA

Un'iniziativa popolare per riconoscere lo Stato di Palestina

È quanto intende fare un comitato composto di esponenti della sinistra e del mondo giuridico attraverso una raccolta firme.
BRK News
Fonte ATS
Un'iniziativa popolare per riconoscere lo Stato di Palestina
È quanto intende fare un comitato composto di esponenti della sinistra e del mondo giuridico attraverso una raccolta firme.

BERNA - Inserire nella Costituzione svizzera l'obbligo per il governo di riconoscere lo Stato palestinese. È quanto intende fare un comitato composto di esponenti della sinistra e del mondo giuridico attraverso un'iniziativa popolare, presentata oggi in conferenza stampa.

Perché la popolazione sia chiamata alle urne, dovranno essere raccolte 100'000 firme entro il 14 aprile 2027. Oltre al riconoscimento della Palestina quale stato sovrano e indipendente nella Costituzione, entro tre mesi dal voto andrà trasmessa una dichiarazione corrispondente all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU).

A oggi circa 150 nazioni hanno compiuto questo passo, tra cui quattro delle cinque con diritto di veto presso l'ONU: Russia, Gran Bretagna, Cina e Francia. All'appello mancano dunque soltanto gli Stati Uniti. «La Svizzera ha la possibilità di essere la prima Nazione a riconoscere la Palestina non tramite l'azione del governo, bensì grazie a un'azione popolare», ha dichiarato l'attivista per la pace Tobia Schnebli.

«Due Stati l'unica possibilità» - Didier Pfirter, già ambasciatore e inviato speciale del DFAE in Medio Oriente e consigliere legale del Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan per Cipro, sostiene che «malgrado tutti i suoi problemi, la Soluzione a due Stati è l'unica possibilità realistica per porre fine a un conflitto che perdura da più di cent'anni. Lo Stato palestinese è già riconosciuto oggi da oltre l'80% dei membri dell'ONU, mentre si rifiutano di compiere questo passo gli Stati Uniti, una dozzina di suoi alleati, la Germania, l'Austria, il Myanmar, la Moldavia, il Camerun, l'Eritrea, qualche isola del Pacifico e tre microstati europei, sostenendo che questo passo dev'essere successivo a una pace e accordano a Israele un diritto di veto e di occupazione del territorio palestinese, dichiarato illegale dalla Corte internazionale di giustizia. Aggregandosi a questo gruppo, la Svizzera non si comporta né in maniera neutra, né conforme al diritto internazionale. Grazie al principio di trasparenza sappiamo che secondo il parere legale del DFAE il riconoscimento della Palestina non porrebbe alcun problema giuridico».

In rappresentanza del PS è intervenuto il consigliere agli Stati Carlo Sommaruga: «Nonostante la gioia per il cessate il fuoco di lunedì e il ritorno a casa di ostaggi e prigionieri, la situazione è delicata e la strada per una pace ancora lunga. A oggi 155 Stati su 193 hanno già riconosciuto la Palestina», ha commentato. «Il rifiuto della Svizzera di aggregarsi al movimento politico di riconoscimento, lanciato da Spagna, Irlanda, Norvegia e poi Francia, Gran Bretagna e Canada, è contrario alla nostra tradizione diplomatica. Eppure, la Svizzera stessa aveva accettato di accogliere la Palestina quale membro osservatore nell'ONU. Di fronte all'immobilismo del Consiglio federale, influenzato dal direttore del DFAE Ignazio Cassis, e del parlamento, il passaggio da un voto popolare, per quanto lungo è sicuramente preferibile».

A precisa domanda, il "senatore" ha aggiunto che «spero che l'evoluzione della situazione negli ultimi giorni e il sondaggio di Leewas secondo cui il 65% degli svizzeri è favorevole al riconoscimento faccia modificare l'opinione all'esecutivo. L'iniziativa popolare è uno strumento in più per fare pressione, oltre a manifestazioni, lo sciopero della fame dei dottori e quant'altro».

Mazzone: Governo schierato con Netanyahu - Per la presidente dei Verdi Lisa Mazzone, la questione da porsi non è tanto «perché riconoscere la Palestina, ma perché la Svizzera non l'ha ancora riconosciuta. Una grossa fetta di popolazione, infatti, non si riconosce nella politica intrapresa dal Consiglio federale, che con il suo comportamento si schiera dalla parte di Netanyahu. Nonostante il sollievo del cessate il fuoco a Gaza, rimane ancora molto lavoro da svolgere per garantire la pace, la coesistenza pacifica dei popoli la sicurezza e il rispetto dei diritti umani. Siamo felici che la questione generi molte emozioni nella popolazione e nelle diverse fazioni, ma ora bisogna fare il passo successivo».

Infine, ha portato la sua testimonianza Pietro Majno, dottore e portavoce dell'associazione Swiss Healthcare Workers Against Genocide: «Le testimonianze dei nostri colleghi a Gaza riportano condizioni di lavoro disumane, penuria di materiali e di medicamenti. Secondo la rivista medica 'The Lancet' i malati cronici non hanno più accesso alle cure, per cui il numero di vittime è ampiamente sottovalutato. Si è spesso dichiarato che tali sofferenze sono insopportabili, tuttavia sul piano pratico il nostro governo e il parlamento le supportano, evitando sanzioni mirate e un senso di responsabilità verso una popolazione civile martoriata».

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