«Stop alle delocalizzazioni delle aziende federali»

Marco Chiesa chiede Consiglio federale di adeguare le basi legali, vietando che imprese controllate dalla Confederazione possano trasferire all’estero funzioni tecniche e amministrative
BERNA - Il consigliere agli Stati UDC Marco Chiesa ha depositato una mozione che mira a fermare la delocalizzazione dei posti di lavoro da parte delle aziende a partecipazione maggioritaria della Confederazione, come Posta Svizzera, Swisscom o FFS. L’obiettivo è chiaro: garantire che queste imprese, che godono di risorse pubbliche e di una posizione privilegiata sul mercato, assumano pienamente le loro responsabilità verso l’economia e i lavoratori svizzeri.
Secondo Chiesa negli ultimi anni, alcune scelte aziendali hanno sollevato preoccupazioni. Caso emblematico è quello della Posta, che ha annunciato la creazione di 200 nuovi posti IT in Portogallo entro il 2030, compensati da una riduzione equivalente in Svizzera. Una decisione che, secondo il consigliere agli Stati, non rappresenta un’espansione, bensì una vera e propria delocalizzazione di competenze sensibili.
Il rischio che scorge Chiesa è duplice: da un lato, l’erosione delle capacità digitali interne e la perdita di posti qualificati; dall’altro, la dipendenza da strutture estere in ambiti cruciali per la sicurezza, come il voto elettronico o la tutela del segreto epistolare.
Secondo Chiesa, simili strategie indeboliscono la piazza economica e mettono in discussione la sovranità digitale del Paese.
La mozione chiede quindi al Consiglio federale di adeguare le basi legali, vietando che imprese controllate dalla Confederazione possano trasferire all’estero funzioni tecniche e amministrative. Piuttosto che ricorrere all’outsourcing, la sua proposta è che queste aziende investano nella formazione e nella valorizzazione dei talenti interni, diventando un motore per l’occupazione e per l’innovazione nazionale.