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SVIZZERA

«Mai interrompere la terapia di propria iniziativa»

Troppi pazienti decidono di autosospendere l'assunzione di antidepressivi e le conseguenze sono davvero importanti: l'allarme dei professionisti.
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Fonte TagesAnzeiger
«Mai interrompere la terapia di propria iniziativa»
Troppi pazienti decidono di autosospendere l'assunzione di antidepressivi e le conseguenze sono davvero importanti: l'allarme dei professionisti.

ZURIGO - Vertigini, disturbi del sonno, ansia, “brain zaps” (scosse elettriche alla testa): sono solo alcuni dei disturbi segnalati da chi interrompe bruscamente l’assunzione di antidepressivi.

Sintomi che compaiono piuttosto rapidamente, dopo pochi giorni dalla sospensione e che perdurano per un periodo da due a sei settimane. Un’esperienza tutt’altro che rara tra la popolazione svizzera, tanto che gli esperti mettono in guardia: «Mai interrompere la terapia di propria iniziativa». 

Alcuni pazienti riferiscono sintomi persistenti per mesi, talvolta anni. Un gruppo di ricercatori svizzeri ha analizzato lo stato delle conoscenze pubblicando una revisione su Epidemiology and Psychiatric Sciences. Il quadro emerso è preoccupante: la letteratura scientifica conferma l’esistenza di sintomi da astinenza prolungati, ma la loro frequenza, durata e gravità restano in gran parte sconosciute.

Effetti a lungo termini indesiderati ignorati - «Lo stato degli studi è disastroso», ha denunciati Michael P. Hengartner, responsabile della ricerca al Tages-Anzeiger. «Nonostante gli antidepressivi siano prescritti da decenni, gli effetti a lungo termine della sospensione sono stati ignorati dall’industria farmaceutica e dalle autorità». Un buco nero nella ricerca clinica, insomma, che pesa sulla vita dei pazienti.

Una questione che riguarda il 9% della popolazione svizzera - Il tema riguarda da vicino una fetta consistente della popolazione. In Svizzera, secondo i dati dell’assicuratore sanitario Helsana, circa il 9% della popolazione assume antidepressivi. Di questi, il 57% li prende da oltre due anni. I farmaci, infatti, non sono impiegati solo per trattare la depressione, ma anche per ansia, insonnia o sintomi della menopausa. Nonostante le raccomandazioni a sospendere il trattamento una volta ottenuto il beneficio clinico, un numero elevato di pazienti continua la terapia per anni, anche senza motivazione medica evidente.

Una revisione della rete Cochrane del 2021 ha stimato che dal 30 al 50% delle prescrizioni a lungo termine avviene senza indicazione clinica. Dietro queste cifre si nascondono probabilmente numerosi tentativi di interruzione falliti, resi difficili proprio dagli effetti collaterali della sospensione.

Nel loro studio di revisione, Hengartner e colleghi hanno identificato solo sette lavori affidabili sull’argomento. La maggior parte si basa su resoconti di casi clinici o testimonianze di pazienti, con risultati molto variabili: la durata dei sintomi post-acuti segnalati andava da un mese e mezzo fino a 14 anni. In uno studio su 20 pazienti, il 15% ha sviluppato sintomi a lungo termine. «È stato condotto con rigore - osserva Hengartner - ma i numeri sono troppo esigui per dare risposte certe».

Sindrome d'astinenza o sintomi da sospensione? - All’interno della comunità scientifica il tema resta controverso. Sebastian Olbrich, direttore del Centro per la depressione della Clinica universitaria psichiatrica di Zurigo, sottolinea che le evidenze scientifiche sono scarse e che spesso si confonde una ricaduta della malattia con i sintomi da sospensione. Tuttavia, aggiunge, nella pratica clinica una diminuzione lenta e programmata aiuta a ridurre i rischi. Ogni trattamento, ribadisce, dovrebbe essere personalizzato.

Una recente meta-analisi pubblicata su Molecular Psychiatry ha mostrato che circa il 44% dei pazienti manifesta sintomi da sospensione. Nei gruppi di controllo che non hanno interrotto il trattamento, solo il 17% ha riportato disturbi simili. Un’altra revisione tedesca, pubblicata nel 2023, ha rilevato che una persona su tre riferisce sintomi dopo la sospensione, ma che solo la metà dei casi è attribuibile direttamente all’interruzione del farmaco.

In definitiva, sebbene la ricerca sia ancora agli inizi, i dati disponibili mostrano un’elevata variabilità nei sintomi e nella durata. Senza linee guida chiare, medici e pazienti affrontano la sospensione in un clima di incertezza. La comunità scientifica chiede ora maggiori investimenti e attenzione per colmare una lacuna che non può più essere ignorata.

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