Il venerdì nero della democrazia svizzera

Maria Pia Ambrosetti, Helvethica-Ticino
Oggi, 19 settembre 2025, entra in vigore il nuovo e controverso Regolamento Sanitario Internazionale (RSI) dell’OMS. Con questa decisione la Svizzera consegna una parte sostanziale della propria sovranità in materia di salute ad organismi internazionali, nonostante le critiche e persino una mozione parlamentare che chiedeva il coinvolgimento del Parlamento.
Il Consiglio federale ha infatti deliberatamente ignorato la mozione Glarner, approvata dal Parlamento, che obbligava a sottoporre al controllo parlamentare ogni accordo con l’OMS. E invece l’Esecutivo ha lasciato entrare in vigore il nuovo Regolamento Sanitario Internazionale senza alcun vaglio parlamentare, scavalcando così la volontà democratica espressa dalle Camere.
Così, d’ora in avanti, il Direttore generale dell’OMS potrà dichiarare emergenze sanitarie globali e imporre misure drastiche, compresi lockdown ed “immunizzazioni” sperimentali, con margini di manovra minimi per i singoli Stati.
Le nuove norme dell’OMS comprendono anche strumenti contro la cosiddetta “infodemia”: dietro la formula della lotta alla disinformazione si celano meccanismi di censura che minano la libertà di opinione e di stampa. È vero che il Consiglio federale ha formulato una riserva almeno su queste disposizioni, ma il rischio non è scongiurato. Anche l’Unione europea spinge per un giro di vite con strutture centralizzate, come lo “Scudo della democrazia” e centri di monitoraggio dei flussi informativi. Vista la stretta integrazione con Bruxelles, c’è il pericolo concreto che questi strumenti vengano importati anche nel nostro Paese.
Un ulteriore motivo di allarme proviene dai nuovi accordi sanitari che Berna intende siglare con l’UE. Essi prevedono la possibilità che “unità di intervento sanitario europee” possano essere inviate anche in Svizzera. Queste squadre, subordinate al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, avrebbero veri e propri poteri esecutivi. Il solo termine “gruppi di d’intervento”, storicamente legato a pesanti implicazioni storiche, evoca scenari inquietanti. Ma anche senza il peso simbolico, rimane l’idea di una Svizzera sorvegliata e diretta da strutture esterne.
Per tradurre in diritto interno le nuove regole dell’OMS, il Consiglio federale ha avviato la revisione della Legge sulle epidemie (LEp). Nel progetto compaiono l’integrazione del RSI e di altre regole internazionali, la ripresa delle misure di emergenza già adottate durante l’emergenza Covid – come mascherine, divieti di assembramento e lockdown – e una forte enfasi sulle campagne vaccinali e sul loro monitoraggio. Invece di una seria autocritica sugli errori della pandemia, il governo li cristallizza in nuove norme permanenti.
Per questo motivo, ABF Schweiz (Aktionsbündnis Freie Schweiz) annuncia già sin d’ora il lancio del referendum contro la revisione della LEp. L’obiettivo è difendere la sovranità sanitaria della Svizzera e impedire che decisioni calate dall’alto, a Ginevra o a Bruxelles, diventino automaticamente legge federale. Il 19 settembre 2025 passerà alla storia come il giorno in cui la Svizzera ha perso un pezzo della sua indipendenza in nome della governance sanitaria globale. Ma la partita non è chiusa: la mobilitazione referendaria mostrerà se i cittadini sono pronti a difendere le proprie libertà.