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STEPHANIE BRENTA

Alla scoperta di Ascona, sulle tracce del Monte Verità

Stephanie Brenta - cittadina luganese di 97 anni
Foto Imago
Fonte Stephanie Brenta
Alla scoperta di Ascona, sulle tracce del Monte Verità
Stephanie Brenta - cittadina luganese di 97 anni

ASCONA - Era il 30 maggio del 1944. Mi dissero: «Preparati, domani traslochi ad Ascona».

Ascona la conoscevo già bene. L'anno prima, due volte alla settimana, ci andavo per frequentare le lezioni di una professoressa delle Belle Arti di Vienna. Dal 20 di maggio del '44 stavo vivendo il periodo più felice di tutte la mia adolescenza. Lasciai Lugano tristissima. Era appunto il 31 di maggio del 1944.

Monte Verità

Anche se Ascona mi aveva rubato a Lugano, non potevo non vedere quel che ora descrivo.

I viottoli e le scalinate che salgono alla collina sono sassosi e ripidi, tra i sassi occhieggiano piccoli fiori multicolori che temo di calpestare. E poi, fin sù, rose selvatiche e il caprifoglio che mi si impigliava nei capelli.

Le bisce sonnolenti che non si spostavano al mio passare e chiocciole con i gusci lucidi. Dai cancelli sporgono rami carichi di fiori, che d'estate si trasformano in frutta. Poi la collina: sentieri di terra battuta con una vegetazione fitta fitta con un profumo tutto particolare.

Dalla mia finestra, sulla strada della collina, vedevo il lago con le sue rive generose. La sera lentamente si accendevano le luci del borgo e le finestre che riflettevano il brillìo del sole morente, lentamente si accendevano.

I tetti rossi, a volte grigi, delle case, sono sormontati dal vecchio campanile col cerchio bianco del grande orologio che batte le ore.

Sento musica, sotto di me c'è la Taverna, con le favolose orchestre che mi hanno fatto ballare in quegli anni.

Mi ha sempre affascinato la storia del Monte Verità. A principio del secolo scorso, Ascona divenne la destinazione preferita di un gruppo di solitari anticonvenzionali che trovarono in quel clima e in quella bellissima zona un luogo dove vivere la loro utopia. Sul monte Monescia - oggi Monte Verità - cercavano una vita diversa, libera. Portavano abiti bianchi, i capelli lunghi, lavoravano la terra e vivevano in rustiche capanne di legno. Praticavano nudismo salutare esponendosi alla luce del sole, all'aria e all'acqua. Erano vegetariani, adoravano la natura, la purezza, e avevano battezzato con nomi simbolici come "prato di Parsifal" e "la roccia di Valchiria" la natura che li circondava.

Ascona aveva dapprincipio guardato con diffidenza questi strani abitanti. Li chiamavano "ballabiot", perché danzavano nudi in mezzo ai boschi. Vivevano in comunità, volevano l'emancipazione della donna, sviluppavano l'autocritica, il pensiero, l'unità formata dal corpo e dallo spirito.

La voce di questo movimento si sparse in tutta Europa e durante anni attirò il mondo intellettuale di tutti i Paesi nordici, compresi filosofi, anarchici e comunisti. Non riesco a enumerare tutti i personaggi importanti che hanno partecipato alla vita del Monte Verità. Forse alcuni sono ricordati tuttora. Qualcuno definì Ascona la "Repubblica dei senza Patria". Ci furono tra essi personaggi celebri come Hermann Hesse, Eric Maria Remarque, la contessa Von Rawentlow, Isadora Duncan, Hans Arp, Marianne von Werefkin, Henry Oedenkoven, forse Lenin e Trotzki, Alessandro Guglielmo De Beauclair e molti altri.

I fondatori del gruppo nel 1930 emigrarono in Brasile. Ci fu un periodo di sbando finché il barone Eduard Freiherr von der Heydt, un grande collezionista d'arte di quei tempi, comprò il complesso. L'albergo Monte Verità fu realizzato negli anni '27/'28 nello stile del Bauhaus dall'architetto Emil von Fahrenkamp. Il gruppo dei famosi, guidati da Gropius, venne a visitare il Monte Verità.

Ci sono ancora diverse case del gruppo e di quell'epoca: Casa Anatta - il Museo della memoria - costruita in legno nel 1904 e che fu restaurata, come anche la Casa dei russi; Casa Monescia era la casa di Alessandro Guglielmo de Beauclair, padre di Hetty, uno dei fondatori del famoso movimento.

C'era praticamente qui tutta la cultura mitteleuropea. Erich Maria Remarque abitava a Ronco. Quando ero ad Ascona viveva ancora uno dei coloni. Si chiamava Forster, se non sbaglio. Era vestito di bianco, capelli lunghi bianchi e barba e passeggiava per le viuzze accompagnato dal suo asino.

Si mormorava che l'avesse ricevuto in cambio di sua moglie. C'era ancora De Beauclair, l'amministratore del barone von der Heydt, uno dei superstiti dell'epoca. Viveva in una palafitta di legno vicino alla casa dell'attore Biberti: sua figlia Hetty - eravamo già amiche quando avevamo 14 anni - fu la guida storica del museo Anatta fino alla sua morte.

Si sposò giovine con Rogantini, contadino grigionese, ebbe cinque figli ed è senz'altro l'ultima persona che ha respirato dal vivo lo spirito dei fondatori e della celebre comunità, della quale suo padre, molto anziano, aveva fatto parte.

Hetty tornò ad Ascona nel '60 con tutta la famiglia. Ci ritrovammo. "Kitsciu", come la chiamavamo da giovani, era sempre uguale a se stessa, anticonformista e nostalgica, come io che l'avevo accompagnata per un pezzo di strada.

Ancora oggi, quando vado ad Ascona, rivedo dietro le facciate tanti visi che sono scomparsi, quel mondo anticonvenzionale, quel sentimento di libertà, la cultura, quei ricordi che in me non si sono mai spenti e che, pensandoci, mi danno l'impressione di respirare a fondo un passato fatto di bellezza e di amicizia. Noi eravamo le ultime superstiti di quella strana epoca, lei è stata fino alla sua morte la guida storica del Monte Verità.

In luglio del 2018 morì Franco, ero frastornata. Nessuno mi avvisò che Hetty era morta in maggio. Forse è stato meglio così. Per me ha sempre la mia età di allora, è bionda, luminosa, gli occhi azzurri un po' vicini. I nostri segreti di ragazze se ne andarono con lei.

Foster, l'ultimo colono del Monte Verità, morì negli anni '60. Allora si scopri che quell'uomo dal viso dolce e innocente che girava con il suo asino, aveva nascosto per anni la sua vera identità. In mezzo alla boscaglia, la casa, una palafitta di legno, internamente era totalmente foderata di libri e di strumenti musicali rari. Era la tana di un intellettuale che ha sempre vissuto solo con se stesso, ma che con i suoi libri aveva il mondo intorno a sé. La casupola era immersa nella fitta e incolta vegetazione dei tempi. Una lunga scalinata coperta e circondata dal verde selvaggio della collina di allora lo aveva nascosto. Ha vissuto il suo sogno, la sua utopia, era veramente l'ultimo superstite del Monte Verità dell'Ottocento.


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