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CRISI MEDIO ORIENTALE

Cassis e la trappola mortale della Gaza Humanitarian Foundation

di Gruppo promotore della manifestazione del 24 maggio di Bellinzona
20min/Matthias Spicher
Cassis e la trappola mortale della Gaza Humanitarian Foundation
di Gruppo promotore della manifestazione del 24 maggio di Bellinzona

LUGANO - Se pensavamo che il governo israeliano avesse raggiunto l’apice della disumanità riducendo alla fame e alla sete la già stremata popolazione di Gaza, e mettendo così a repentaglio la sopravvivenza di centinaia di migliaia di persone, soprattutto bambini, abbiamo dovuto tristemente ricrederci: cresce infatti di giorno in giorno il conteggio degli affamati uccisi dai colpi dell’esercito israeliano mentre si accalcano nei pochissimi punti di distribuzione attualmente esistenti per cercare di ottenere un po’ di cibo. 

Di fronte a un’opinione pubblica mondiale sempre più scandalizzata dall’uso della fame come arma di guerra e alle pressioni internazionali per un’urgente apertura agli aiuti umanitari, Netanyahu e il suo sodale Trump si sono inventati la Gaza Humanitarian Foundation (GHF), che più che una fondazione umanitaria appare come un nuovo strumento funzionale all’espulsione della popolazione palestinese dalla Striscia di Gaza. 

Con questa scelta Israele e il suo alleato americano hanno sferrato un ennesimo colpo al diritto internazionale, delegittimando una volta di più l’azione e l’esistenza stessa degli organismi internazionali, in questo caso l’ONU, alla cui agenzia palestinese era stata affidata la gestione dell’aiuto umanitario a Gaza fin dal 1949. Operativa sul territorio fino a pochi mesi fa, e affiancata da circa 200 ONG, essa era in grado di mettere in campo un’efficace rete di aiuti, costituita da 400 punti di distribuzione sparpagliati in tutta la Striscia. La GHF ha invece istituito soltanto quattro grandi siti chiamati Sds, ossia “Secure distribution sites”. Siti che, malgrado la denominazione, sicuri non appaiono affatto, dal momento che dal 27 maggio al 24 giugno le truppe israeliane hanno ucciso nei loro pressi, secondo fonti dell’ONU, 500 persone (3000 feriti). Tre dei siti sono ubicati a sud, nelle zone di Rafah e Khan Yunis, e uno è a Netzarim, nel centro della Striscia. Non ci sono siti di distribuzione nel nord della Striscia perché l’esercito israeliano vuole lo svuotamento forzato di quell’area, dove fino a maggio vivevano centinaia di migliaia di persone. 

Fin dalla sua presentazione la GHF si è attirata innumerevoli critiche a livello internazionale, sia per il mancato rispetto dei principi fondamentali dell’aiuto umanitario, come neutralità, imparzialità e indipendenza, sia per l’opacità dei suoi finanziamenti. Numerose ONG, come per esempio Medici senza Frontiere, hanno denunciato come pericoloso, inefficace e disumanizzante questo modello di distribuzione politicizzata e militarizzata degli aiuti, e i ministri degli esteri di una ventina di paesi, tra cui Germania, Austria, Francia e Canada hanno richiesto il ripristino delle distribuzioni da parte dell’ONU e delle ONG umanitarie. 

Come paese depositario delle Convenzioni di Ginevra anche la Svizzera dovrebbe distanziarsi fermamente da ogni tentativo di strumentalizzazione dell’aiuto umanitario a fini politici e militari, ma il nostro paese non ha aderito a queste richieste; anzi, il ministro Cassis ha definito le critiche alla GHF come “un processo alle intenzioni”. Di ritorno dal suo viaggio lampo in Israele Cassis ha sì ammesso che la GHf “pone un problema perché non segue i principi umanitari”, ma ha subito aggiunto che tutto sta a indicare “che li sta imparando”.

Per venti mesi abbiamo sperato che, davanti al massacro in atto a Gaza, Cassis uscisse finalmente dal suo scandaloso silenzio; le sue parole però ce lo fanno quasi rimpiangere. Che abbia ragione Lisa Mazzone a ritenere Cassis  “colpevole di disinformazione e propaganda a favore di Netanyahu”?

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