Cerca e trova immobili
STEPHANIE BRENTA

In quella via dove trovavi le lavandaie

Viaggio in una Lugano bella e sconosciuta con la 97enne Stephanie Brenta: la contrada dei Mulini, con le lavandaie e il profumo del pane
Foto S. Brenta
Fonte Stephanie Brenta
In quella via dove trovavi le lavandaie
Viaggio in una Lugano bella e sconosciuta con la 97enne Stephanie Brenta: la contrada dei Mulini, con le lavandaie e il profumo del pane

Ed eccomi qua con un racconto un po' laborioso, ma mi piacerebbe stuzzicare la vostra fantasia per vedere con me una Lugano sconosciuta difficile da immaginare. Venite con me in contrada dei Mulini, che comincia di fronte alla contrada di Verla.

Parte da via Nizzola, siamo nel Palazzo Bianchi, che fa angolo con corso Pestalozzi, dove troviamo il ristorante Orologio, aperto dal 1903, e arriva all'angolo opposto dove c'è l'elettricista Dozio che fa angolo con via al Forte.

Come in ogni stagione fredda, per sfuggire al gelo delle mansarde, passavo mattinate a studiare e a scrivere nell'angolo più lontano dalla porta d'ingresso del Pedrinis. C'era una stufa che veniva alimentata con carbone e che ti dava un filo di caldo. I Pedrinis erano un'istituzione, a me sempre in bolletta facevano credito. Non dovevo neanche chiedere: «Marchiamo, nè?». Avevano dei favolosi pezzi duri, ogni tanto pagavo, però a 15 anni cominciai a lavorare. E così pagai gli unici debiti che feci in tutta la mia vita. Per me il Pedrinis era casa, calore umano. So che c'è ancora oggi, perché ha saputo conservare questo ambiente così accogliente per i suoi avventori.

Fuori c'è tutto un mondo intorno a me: il fruttivendolo Bernasconi, il macellaio Gobbi, i Luzzani, di fronte il Maghetti che circondava il quartiere fino in piazza Castello, dove c'era la Croce verde che con il lato nord completava la contrada. Ma i mulini dov'erano? Nel Maghetti c'era tra l'altro il Garbarino pieno di coloniali esposti in grandi sacchi di iuta appoggiati a terra con i quali riempivano - con una paletta di metallo - un cono di carte che confezionavano al momento e pesavano il tutto su un'incerta stadera.

Sentivi nel quartiere le grida allegre dei ragazzi dell'oratorio, nel quale c'era un cinema oltre a un campetto di calcio ed erano sorvegliati da un sacerdote. In un angolo dell'oratorio il prestinaio Marina che anche la domenica preparava un pane squisito che profumava tutto il quartiere. Dove è andato a finire il profumo del pane? Non lo sento più.

Nel 1927 il Marina faceva il pane in Sassello. Nel 1933 lo troviamo qui. Poi c'è l'orfanotrofio Maghetti. Il doppio lascito Maghetti era stato destinato a loro, per assistenza e istruzione. Ora, cos'è diventato? Contrada dei Mulini?

Ma doveva pure avere un motivo il nome di contrada dei Mulini.

Mi misi a cercare. Abitavamo in via alla Roggia. Era un indizio, ma l'acqua non c'era. Penso di risalire al 1850. Un amico e un funzionario gentilissimi mi procurano mappe di quella epoca e mi trovai in un groviglio sconosciuto con pochi nomi di riferimento.

Da vecchi documenti scoprì che il quartiere era pieno di operai e che lavoravano per due industrie: la conceria Beretta Piccoli e il setificio Lucchini, che era un'industria con 400 operai. E loro avevano bisogno dell'acqua per poter funzionare.

Ma dove sarà questa benedetta roggia, nella quale le lavandaie lavavano la biancheria degli alberghi e delle famiglie benestanti?

Io l'immaginavo sepolta sotto corso Pestalozzi, che allora si chiamava via delle Scuole e poi via Industria. Studiai tutte le mappe dal 1855 in poi, finché optai per una sottile riga azzurra che scendeva da Canobbio e attraversava lo spazio corrispondente alle vie Maderno e Pioda.

Ecco la Roggia che arrivava in via Industria, dove avevano coperto il passaggio che poi riprendeva a scorrere in via al Forte, lungo il Maghetti, l'orfanotrofio San Rocco, ed eccola di nuovo coperta per attraversare via Canova e finalmente imbocca la viuzza di fianco al museo per buttarsi nel lago. La mia logica mi dice che la roggia è sepolta adesso da via Pioda fino su a Canobbio. Le due industrie cessarono l'attività verso fine '800.

Pasquale Lucchini, ingegnere, politico, impresario, per me era solo il nome di una strada. Cercando l'acqua, ho incontrato un personaggio poliedrico accattivante ed estremamente interessante. Il setificio era solo una parte delle sue attività. L'aria che ospitava la sua industria partiva dall'albergo Zurigo, e finiva al lato estremo dell'Alhambra in una Lugano a noi sconosciuta. Aveva 400 operai. Ho capito che gli uomini celebri diventano solo strade e il loro ricordo viene quasi sempre racchiuso in un tratto di asfalto.

E ora credo di aver scoperto per caso l'origine del nome della contrada dei Mulini, che però non c'erano.

Sul terreno di proprietà del Lucchini, l'architetto Americo Marazzi costruì per il suo amico il porticato dell'Alhambra, lasciando libera la corte del Birulin.

Al suo lato, di fronte via al Forte, troviamo la Piccionaia, costruzione storica civile del quindicesimo secolo. Bellissima, in origine era stata ridotta in uno stato pietoso. Quando l'architetto Rino Tami progettò la costruzione del palazzo del Cinema del Corso, in via Pioda, si pensò di demolire la Piccionaia. Non so poi chi li fermò. Lessi in vecchi documenti che la Piccionaia faceva parte del mulino delle Piode: ecco il nome della contrada, di proprietà del monastero di Santa Caterina, che sfruttava la derivazione destra del Cassarate. Con che coraggio avevano soppesato la possibilità di demolire la costruzione più antica di Lugano? Ora è lì a ridosso di un palazzo moderno ed è diventata una discoteca. Non so se è una fine gloriosa.

Finalmente ho trovato la spiegazione dello strano nome della contrada e dell'acqua della roggia misteriosa.

E a proposito di acqua, nel 1893 arriva l'acqua potabile per tutti gli 8mila luganesi: è una festa. Per ricordare quell'avvenimento si posa una fontana con acqua potabile in Piazza Dante.

Speriamo che almeno quella la lascino lì. Ogni antico referto nella nostra città ha una sua storia. Si tratta dell'ultima testimonianza rimasta della contrada di Verla. Speriamo inoltre che a qualche minimalista non venga in mente di imbiancare l'interno della chiesa degli Angeli.

Ho un brutto ricordo della perdita di quel gioiello in una cornice unica che fu la Galleria d'arte della Villa Favorita. Attirava folle di visitatori a Lugano ma se la lasciarono scappare.

Grazie di avermi seguita. Spero siate riusciti a districarvi attraverso il mio ricordo di una Lugano ormai lontana e sconosciuta.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
Naviga su tio.ch senza pubblicità Prova TioABO per 7 giorni.
NOTIZIE PIÙ LETTE