Il secondo giro di “Vikings: Valhalla” convince molto più del primo



Meno azione ma più spazio ai personaggi, così la serie dei vichinghi di Netflix trova una dimensione che funziona.
Meno azione ma più spazio ai personaggi, così la serie dei vichinghi di Netflix trova una dimensione che funziona.
LUGANO - Arrivata così di punto in bianco, non attesa né tanto meno desiderata. La serie vichinga di Netflix “Vikings: Valhalla” era arrivata un po' di punto in bianco nel 2022, 2 anni dopo la tribolata (ma azzeccata) conclusione dell'omonima e leggendaria “Vikings” che – in un modo o nell'altro – aveva fatto la storia della tv.
Ambientato 100 anni dopo le avventure dei figli di Ragnar Lothbrok, metteva in pista un manipolo di giovani e sconosciuti eroi, capitanati dalla coppia di fratelli groenlandesi Leif e Freydís Eriksson. Buon successo di pubblico, discreto di critica l'esordio di “Valhalla” ha preferito non sbilanciarsi puntando sul sicuro, ma perdendo un po' di efficacia e freschezza.
Rimedia in questa seconda stagione (fra le prime posizioni su Netflix), sparigliando completamente le carte e separandone i protagonisti che finiranno davvero agli angoli estremi del mondo.
Togliendo dai giochi le battaglie campali e puntando sul viaggio (nel senso letterale ma anche metaforico) a guadagnarci sono soprattutto i personaggi che lungo i 10 episodi completeranno un percorso davvero degno di nota e in grado di costruire le fondamenta “mitologiche” per il suo cast, come era stato per la serie originale. Davvero carismatici, a questo giro, anche i cattivi (quelli dichiarati come il terribile Olaf e quelli meno come il Conte Godwin).
Ma non sono tutte rose, sia ben chiaro, questa nuova impostazione più dilatata non è sempre impeccabile per quanto riguarda il ritmo e di primo acchito potrebbe anche non convincere. Il consiglio è quello di tener duro le prime 2-3 puntate, poi non vi staccherete più.