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«Una vera e propria tragedia familiare»: condannato a sei anni di carcere

Il 46enne che a Losone aggredì gli anziani genitori è stato riconosciuto colpevole di ripetuto tentato omicidio per dolo eventuale.
Deposit (simbolica)
«Una vera e propria tragedia familiare»: condannato a sei anni di carcere
Il 46enne che a Losone aggredì gli anziani genitori è stato riconosciuto colpevole di ripetuto tentato omicidio per dolo eventuale.

LUGANO - «Ha accettato il rischio di cagionare lesioni fatali» il 46enne che lo scorso 10 novembre a Losone aggredì brutalmente i suoi anziani genitori. Lo ha detto oggi pomeriggio alle Assise criminali il giudice Curzio Guscetti, condannando l'uomo a sei anni di carcere, più un trattamento terapeutico ambulatoriale.

Per il 46enne, che è stato riconosciuto colpevole di ripetuto tentato omicidio per dolo eventuale, si tratta di una pena ancora più severa di quella chiesta dalla pubblica accusa, che aveva spinto per cinque anni di carcere.

Nella commisurazione della pena è stato comunque tenuto conto della scemata imputabilità di grado medio rilevata a causa dell'elevato tasso alcolemico dell'uomo al momento dei fatti. Gli sono poi state riconosciute le attenuanti della parziale collaborazione in sede di inchiesta, nonché del suo difficile vissuto. Ponderata anche la lettera inviata alla Corte dai genitori, che chiedevano «una pena non eccessivamente severa».

«Sentimenti che si sono trasformati in rancore e odio» - «È evidente come questo caso costituisca a tutti gli effetti una vera e propria tragedia familiare, correlata a problematiche psicologiche dell'imputato che purtroppo non sono state adeguatamente affrontate», ha detto il giudice Guscetti. Il 46enne, in effetti, «ha spesso vissuto il rapporto con i genitori, e in particolare con il padre, come tossico, frustrante e disfunzionale, e non è mai riuscito a elaborare tali sentimenti, che negli anni si sono alimentati in rancore e odio».

Chiariti i fatti - L'uomo, inoltre, «ha confermato esplicitamente i fatti avvenuti, affermando unicamente di non ricordare né i calci al torace sferrati al padre né di aver recuperato e brandito un coltello, ferendo la madre. Questi aspetti sono però stati riportati dalle vittime e dal vicino di casa, e trovano conferma nei referti medici».

Lesioni che potevano uccidere - Per quanto attiene all'aggressione del padre, la Corte si è detta in disaccordo assoluto con la difesa, che ha messo in dubbio il referto del medico legale. «Dal profilo oggettivo è irrilevante il fatto che la vittima non si sia mai trovata in pericolo di vita, ciò che conta è che quei colpi potevano determinare ferite potenzialmente fatali. Traumi contusivi, anche superficiali, possono essere molto pericolosi in pazienti che assumono farmaci anticoagulanti».

Passando poi alla madre, «la donna ha subito un trauma alla testa che ha determinato lo sviluppo di un'emorragia, il che poteva comportare lesioni più gravi e anche letali. Oltre a ciò, ha riportato una ferita al collo causata da una coltellata».

«Minacce di morte» - In definitiva, per la Corte, «l'uomo ha accettato il rischio di cagionare lesioni fatali». Nessun dubbio, poi, sul fatto che l'uomo volesse uccidere il padre, o che avesse accettato il rischio di ucciderlo. «Ciò si evince dalle chiare minacce di morte proferite durante l'aggressione, e dal rancore e dall'odio che ha espresso in seguito ai fatti e in sede di interrogatorio».

Durante il dibattimento, lo ricordiamo, la pubblica accusa aveva chiesto cinque anni di carcere, mentre la difesa aveva proposto nove mesi sospesi con la condizionale, più la scarcerazione immediata.

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