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«Furia omicida, i suoi genitori non sono dei mostri»: chiesti cinque anni di carcere

«Ha cercato di ucciderli, agendo sull'onda di una rabbia repressa», ha detto la procuratrice pubblica Chiara Buzzi. I genitori, in una lettera, chiedono però «una pena non eccessivamente severa».
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«Furia omicida, i suoi genitori non sono dei mostri»: chiesti cinque anni di carcere
«Ha cercato di ucciderli, agendo sull'onda di una rabbia repressa», ha detto la procuratrice pubblica Chiara Buzzi. I genitori, in una lettera, chiedono però «una pena non eccessivamente severa».

LUGANO - «Ha cercato di uccidere i suoi genitori, prima a mani nude e poi con un coltello. Due genitori che non sono dei mostri, ma che semplicemente hanno una mentalità di una volta». È con queste parole che la procuratrice pubblica Chiara Buzzi ha descritto l'agire del 46enne del Locarnese oggi alla sbarra alle Assise criminali di Lugano.

Per lui sono stati chiesti cinque anni di carcere, più un trattamento terapeutico ambulatoriale, e una condanna per ripetuto tentato omicidio intenzionale per dolo eventuale.

«Quello di cui parliamo oggi è un reato che ferisce nel profondo le radici stesse della nostra società. La violenza contro chi ci ha cresciuto e amato: i nostri genitori», ha esordito. «La furia dell'imputato è esplosa per una semplice risposta, ritenuta sbagliata, di suo padre. Un padre da lui descritto come "orco", "bestia", "narcisista" e "becero", mentre la madre è stata definita "bugiarda" e "manipolatrice". Da qui emerge un'idea distorta di giustizia personale, come se la sofferenza, vera o presunta che sia, possa essere una giustificazione per un atto del genere».

«Ha voluto vendicarsi di mancanze passate» - «Sappiamo che sono due genitori, quelli dell'imputato, che hanno una mentalità di una volta, in cui i sentimenti e l'empatia non trovano quasi spazio, e dove il lavoro e la stabilità economica prendono il sopravvento», ha continuato la procuratrice. «Troppo tardi i due si sono accorti dei disagi del figlio, diventando da assenti a iperprotettivi. A quel punto hanno cercato di fare marcia indietro, si sono prestati alla terapia familiare e si sono scusati con lui. Da lì non ci sono più stati eventi particolari e non c'è più stato motivo di arrabbiarsi. Ma il figlio ha voluto vendicarsi e fargli espiare le mancanze di anni addietro. Di fatto aveva sviluppato un disturbo ossessivo che gli faceva addossare qualsiasi colpa ai genitori, in particolare al padre».

Un'aggressione brutale - Ma veniamo ai fatti dello scorso 10 novembre. «Il 46enne ha preso a pugni e calci il padre, picchiandolo in maniera brutale. Gli impatti sono stati mitigati solo grazie alla madre, che è riuscita in qualche modo a trattenere un braccio del figlio, di modo che i colpi inferti non uccidessero il 76enne. E ricordiamoci che allora l'imputato era un uomo di 105 chilogrammi, che agiva in preda a una rabbia completamente incontrollata».

Per quanto riguarda invece la madre e l'utilizzo del coltello, la pubblica accusa ritiene che se il vicino di casa non fosse intervenuto e la seconda coltellata fosse stata sferrata, «sarebbe giunta all'altezza del torace e del viso e avrebbe potuto avere un esito letale».

Alla base di tutto, ha sottolineato Buzzi, «c'è sicuramente una grave dipendenza da alcol», precisando che questa dipendenza «ha causato anche un episodio di grave violenza domestica verso la moglie».

«Rabbia repressa» - In definitiva, il 46enne «ha agito sull'onda di una rabbia repressa, potenziata dall'alcol, e non poteva non rendersi conto che i suoi gesti potevano avere conseguenze fatali. Ha colpito reiteratamente due persone anziane, i suoi genitori, in zone potenzialmente letali, e la madre addirittura con un coltello».

I due «nulla hanno potuto davanti a quella furia omicida, e solo l'intervento del vicino ha interrotto il tutto. Entrambi hanno poi dovuto rimanere in ospedale per diversi giorni e le conseguenze psicologiche non sono guaribili».

Pienamente cosciente, ma con tanti disturbi - Il perito psichiatrico, dal canto suo, ha rilevato che il 46enne soffre di disturbi di personalità misti con immaturità affettiva, instabilità psicoaffettiva con irritabilità e ansia, rabbia immotivata, mancanza di controllo, tendenza all'irresponsabilità e alla negligenza delle norme sociali. Emergono inoltre eccessi di collera, una sospettosità verso gli altri e un'immagine distorta di sé e degli altri. Oltre a ciò, l'uomo soffre di disturbi psichici e comportamentali dovuti alla dipendenza dall'alcol.

Al momento dei fatti, stando al perito, era pienamente in grado di valutare il suo agire, ma aveva una scemata imputabilità di grado medio.

«Parlavo a vanvera» - In aula è in seguito emerso che durante l'arresto, la successiva visita ospedaliera e il primo interrogatorio, il 46enne ha espresso chiaramente che la sua intenzione era quella di uccidere i genitori. «Ma una m***a così non deve morire? No, è ancora vivo!», ha detto, ad esempio, riferendosi al padre.

«È vero. Sono cose che ho detto, mi ricordo. In quel momento, però, parlavo a vanvera», ha commentato l'imputato. «Stavo molto male fisicamente. Ridevo e piangevo, ero arrabbiato, poi ero disperato, poi mi dicevo "ho fatto bene". È stata la giornata più lunga della mia vita ed ero altalenante. Non so quanto le mie parole possano essere prese in considerazione, considerato lo stato mentale in cui mi trovavo. Per me sono state parole di puro sfogo e disperazione».

La lettera dei genitori - Il giudice ha infine letto ad alta voce una lettera che i genitori dell'uomo hanno indirizzato alla Corte. «L'accaduto ci ha molto scossi, ma ci ha anche fatto riflettere sulla situazione che si è venuta a creare negli anni tra noi e nostro figlio. Siamo coscienti che questa situazione è nata dai nostri comportamenti, e che fin dall'infanzia non gli abbiamo dato il giusto ascolto e la giusta considerazione. Il risultato è stata un'oppressione che è continuata negli anni. Sappiamo invece, vedendo che nostra nipote continua a chiedere di lui, che nostro figlio è un bravo padre. Abbiamo sbagliato, ci rivolgiamo dunque a cuore aperto a voi e speriamo in una pena non eccessivamente severa».

A prendere la parola, domani mattina, sarà la difesa.

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