«Ci troviamo in una tempesta, e noi abbiamo pure preso un fulmine»


La stangata dei dazi fa girare la testa alle aziende ticinesi. «Di fatto possiamo salutare il mercato statunitense», ci dice Nicola Tettamanti, CEO di Tecnopinz e presidente di Swissmechanic.
La stangata dei dazi fa girare la testa alle aziende ticinesi. «Di fatto possiamo salutare il mercato statunitense», ci dice Nicola Tettamanti, CEO di Tecnopinz e presidente di Swissmechanic.
LUGANO - È un 39% che fa rabbrividire moltissime aziende rossocrociate quello dei nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti. E dopo la loro odierna entrata in vigore e la conferma dei consiglieri federali che le negoziazioni, per il momento, hanno fallito, anche il Ticino suda freddo.
Noi ne abbiamo parlato con due aziende locali che esportano negli USA: la Tecnopinz di Mezzovico, azienda specializzata in meccanica di precisione, e la Plastifil di Mendrisio, azienda che produce prodotti in filo d’acciaio per il settore medicale, tecnico, food e design.
«L’anno scorso avevamo un 8% di esportazioni dirette negli Stati Uniti», ci dice Nicola Tettamanti, CEO della Tecnopinz e presidente di Swissmechanic. Ma c’è anche una parte di business indiretto: «Abbiamo clienti che esportano negli Stati Uniti macchinari che hanno all’interno le nostre componenti. Sommando questa fetta superiamo il 20% delle esportazioni».
«Dobbiamo assorbire il colpo» - E quindi? «Come azienda quello che faremo, prima di tutto, è sentire tutti i nostri clienti diretti negli Stati Uniti e quelli che sappiamo avere relazioni con loro. Dobbiamo assorbire il colpo e continuare a lavorare su quello che ha sempre reso forti le aziende svizzere, cioè l'efficienza, la competenza e la capacità di produrre soluzioni che vanno al di là dello standard. A breve termine, ad ogni modo, non nego che avremo dei cali molto significativi dei volumi di produzione».
«Diventano molto più competitivi di noi» - Già, perché a fare paura è ora la concorrenza dell’Unione Europea. «I nostri concorrenti europei, con il 15% di dazi, possono vendere negli Stati Uniti a delle condizioni molto più competitive di noi, quindi di fatto possiamo salutare il mercato statunitense. E chi produce in Svizzera ma ha una struttura internazionale ovviamente cercherà di limitare i danni spostando le produzioni in Paesi dove i dazi verso gli USA sono meno importanti. Il che naturalmente toglierà indotto ai fornitori locali. Allo stesso tempo nel contesto internazionale la credibilità della Svizzera come piazza industriale viene messa sotto pressione».
Un fulmine nella tempesta - Il problema principale, dunque, è che nel contesto in cui ci muoviamo la Svizzera è il Paese più fortemente penalizzato. «Ci troviamo in una tempesta e noi abbiamo pure preso un fulmine. Ed è un fulmine che altri Paesi hanno saputo, almeno parzialmente, evitare», osserva Tettamanti.
«C'è delusione» - Un colpo basso, insomma. «La mia delusione, come cittadino svizzero, è stata constatare che questo è quello che rappresenta la Svizzera per l'attuale governo americano. Nelle prossime settimane, ad ogni modo, è essenziale che coloro che possono giocare una carta a favore di un eventuale nuovo accordo mettano a disposizione tutte le loro competenze e volontà».
«Altri tre anni di Trump» - Quello attuale, in effetti, è uno scenario in evoluzione. E la figura di Trump non va sottovalutata. «Stiamo vivendo gli effetti di un nuovo modo di fare politica, una politica fatta di annunci contro annunci, provocazioni e attacchi anche personali. È una politica a cui la Svizzera non è abituata e ora abbiamo imparato a caro prezzo, con una parte del nostro export, che non si può più pensare di fare politica nello stesso modo in cui la facevamo con l'amministrazione precedente. Quindi l'appello alle autorità federali è che non si chiuda la porta verso gli Stati Uniti, anzi, che si creino maggiori relazioni. Bisogna capire come trovare un nuovo equilibrio con questa nuova amministrazione, che ci sarà ancora per i prossimi tre anni ed è in grado di stravolgere ancora tante dinamiche».
Il lavoro ridotto? «Fondamentale» - Nel frattempo occorre correre ai ripari. «Bisognerà introdurre misure di sostegno per rafforzare o comunque garantire la sopravvivenza dei settori colpiti, mi permetto di dire ingiustamente, dai dazi. Il lavoro ridotto in questa prima fase è assolutamente fondamentale, perché permetterà alle aziende di trovare delle soluzioni parziali».
Tettamanti, comunque, nella conferenza stampa odierna ha intravisto un barlume di speranza. «La proposta fatta dal nostro Governo, al momento, è ancora in stand-by. Ciò significa, quantomeno, che non è ancora stata scartata», conclude.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Martino Piccioli, presidente del consiglio di amministrazione della Plastifil di Mendrisio nonché presidente dell’Associazione Imprese Familiari Ticino.
Effetto domino - «Le nostre esportazioni dirette verso gli Stati Uniti sono abbastanza contenute, ma il grosso impatto sarà indiretto. Diversi dei nostri clienti principali sono infatti esposti. Noi, ad esempio, produciamo delle griglie che vengono utilizzate come componenti in macchine da caffè automatiche che vanno un po’ in tutto il mondo, e che servono anche Starbucks. Per i nostri clienti l’impatto sarà quindi forte, perché esportano molto verso gli Stati Uniti».
Nuvole nere all’orizzonte, dunque. «Sicuramente ci sarà pressione sui nostri prezzi alla vendita. Ci è stato già anticipato che si tenterà di condividere un po' la pressione sui dazi, per evitare di riversarli tutti sulla clientela. Si cercherà di efficientare, di andare a ridurre un po' i costi e i prezzi, ma è ovvio che questo a corto termine non è realizzabile…e lo svantaggio per la produzione in Svizzera o per chi esporta dalla Svizzera è il differenziale che c'è con l'Unione Europea».
«Fa male» - «Fa male, per l'azienda ticinese, sapere che se c'è un competitor nell'Unione Europea questo diventa automaticamente più competitivo, e in modo anche abbastanza importante», aggiunge Piccioli.
«Ci siamo fatti prendere alla sprovvista» - E, rispetto al fallimento delle negoziazioni del Governo federale, non nasconde una certa sorpresa. «Penso che questo risultato ha stupito tutti, ma è vero che in questi mesi abbiamo imparato che la figura di Trump è davvero imprevedibile. Mi spiace e mi delude, in ogni caso, il fatto che non siamo riusciti ad avere un approccio diverso con lui a livello di Consiglio federale. L'Unione europea in un modo o nell'altro è arrivata a concludere un accordo. Ora abbiamo capito che Trump non negozia in maniera standard tramite commissioni e quant’altro. Decide un po' tutto lui e noi ci siamo fatti prendere alla sprovvista».





































