Per evitare il peggio

All'ombra dei dazi di Donald Trump, i colossi del settore farmaceutico svizzero - come Roche e Novartis - incontreranno il Consiglio federale. Il rischio? Una delocalizzazione della produzione negli Stati Uniti
BERNA - Il settore farmaceutico svizzero non dorme sonni tranquilli, schiacciato tra l'attesa per quelli che saranno i dazi imposti dall'Amministrazione Trump - che ha minacciato tariffe fino al 250% - e la necessità di muoversi per giocare d'anticipo. Per questo motivo, come anticipato dal Blick, i vertici dei colossi del settore, quali Roche e Novartis, incontreranno nel prossimo futuro il Consiglio federale. Sul tavolo della crisi, il rischio di una delocalizzazione della produzione negli Stati Uniti.
Quel rischio, per l'economia svizzera, corrisponde a quello che è in realtà il grande obiettivo del tycoon, che vorrebbe “importare” sul suolo americano i produttori per riuscire ad abbassare “in casa” i prezzi dei farmaci.
Sia Roche che Novartis, sullo sfondo della guerra dei dazi di Trump, hanno già annunciato il lancio di progetti per un valore di diversi miliardi di dollari negli Stati Uniti. Non solo, anche Berna ha proposto di traslocare alcune delle attività per insediarle oltre l'Atlantico. Frammentare così il settore potrebbe tuttavia indirizzare, sul lungo periodo, la Svizzera - dove la ricerca in campo farmaceutico ha già subito un ridimensionamento - verso scenario peggiore.
Anche da questo, è emersa la necessità (tardiva?) da parte del settore di sedersi e discutere con il governo federale, perché il successo di un piccolo Paese come il nostro passa inevitabilmente dalla stretta collaborazione tra la politica e l'economia privata. E a dimostrarlo ci sono le grandi crisi (disinnescate) di Ubs e Credit Suisse.
Una data per l'incontro per il momento non è ancora stata trovata. Ma, come confermato al quotidiano d'oltralpe al Dipartimento dell'Interno, il dialogo tra Berna e le big del settore farmaceutico è costante. E in gioco c'è il successo della piazza elvetica.