«Bisogna rispettare la montagna». Niente record per l'ex calciatore sull'Everest

Karl Egloff voleva scalare gli 8000 metri e rientrare in meno di 24 ore senza ossigeno aggiuntivo ma a un certo punto ha scelto di tornare indietro
Voleva scalare l'Everest dal campo base e scendere di nuovo in meno di 24 ore, senza ricorrere all'ossigeno aggiuntivo, per ottenere il suo quinto record, ma ha ascoltato le sue sensazioni ed è tornato indietro. Karl Egloff, ex calciatore delle giovanili dello Zurigo, si è fermato a 7000 metri.
I suoi record - Il climber 44enne detiene già il primato di Kilimangiaro (2014), Aconcagua (2014), Elbrus (2017) e Denali (2019) e il suo obiettivo è raggiungerlo per tutte le sette vette più alte del mondo.
Il rispetto per la montagna - Il 23 maggio, mentre tentava l'impresa, ha capito che sarebbe stato troppo rischioso andare avanti a causa di venti forti e dell'umidità. «Questo dimostra ancora una volta quanto sia importante ascoltare il proprio istinto in montagna. Il rispetto per la montagna è la cosa più importante», ha ribadito, pur senza nascondere la delusione. Sin dal momento della partenza era stato scettico, perché erano previste raffiche sino a 80 km/h, quando i limiti per scalare a 8.000 metri senza ossigeno aggiuntivo sono di una trentina.
I rischi ad alta quota con l'umidità - La scalata è andata bene sino al Campo 1, ma poi è arrivata la neve. «A causa dell’umidità ha sentito maggiormente l’altitudine e il vento è aumentato», ha spiegato il suo ufficio stampa. Un clima umido è pericoloso a quelle altezze, può portare a un edema polmonare ad alta quota, gravi difficoltà respiratorie o altre complicazioni potenzialmente letali.
Lo stop - A 7000 metri, da solo e senza ossigeno, ha scelto di dire basta e di rientrare. «È stata la miglior decisione possibile. All’inizio ero frustrato, dopo tutto l’allenamento e lo sforzo. Ma se non ti senti sicuro, devi ascoltare quel segnale», ha detto Egloff, che è tornato subito al campo base.