Si possono aggirare i dazi? Sì, ma non è legale

La Cina sta già sfruttando la pratica del transhipment, facendo transitare le sue merci da paesi terzi. Ma le autorità doganali statunitensi hanno gli occhi aperti e le sanzioni sono severe.
ZURIGO - Le aziende svizzere che esportano negli Stati Uniti si trovano attualmente di fronte a un dilemma significativo.
L’imminente introduzione di dazi del 39% sui prodotti svizzeri, annunciata dal presidente statunitense Donald Trump, rischia di rappresentare un duro colpo per molte imprese. Le aziende si vedono costrette a scegliere tra due opzioni poco allettanti: ridurre i propri margini di guadagno o trasferire i costi aggiuntivi sui clienti americani, correndo il rischio di perdere competitività e irritare la clientela.
Esiste un’alternativa per continuare a esportare negli Stati Uniti evitando le onerose tariffe doganali? Una pratica spesso discussa in ambito commerciale è il cosiddetto transhipment, ovvero l’inoltro delle merci verso il mercato di destinazione attraverso paesi terzi con dazi più favorevoli, eludendo così tariffe e sanzioni.
Una strategia diffusa, ma severamente vietata - Il trasbordo è una prassi già adottata in Asia: numerose aziende cinesi inviano i loro prodotti negli Stati Uniti passando per paesi come Singapore, Malesia o Vietnam, nel tentativo di aggirare gli elevati dazi doganali. Lo stesso metodo viene impiegato anche in senso inverso, per l’acquisto di beni soggetti a restrizioni statunitensi sull’esportazione verso la Cina.
Tanto che l’amministrazione statunitense ha iniziato a includere nei suoi accordi commerciali – ad esempio con Vietnam e Indonesia – clausole specifiche per arginare il fenomeno.
«L’aggiramento dei dazi attraverso paesi terzi è vietato ed è sanzionato con un dazio aggiuntivo del 40% sul valore della merce, oltre a possibili multe o pene accessorie», spiega Alfonso Orlando, direttore di ExportHelp presso Switzerland Global Enterprise (S-GE), l’associazione svizzera per la promozione dell’export.
Controlli sempre più rigorosi - Le autorità doganali statunitensi stanno monitorando la situazione con grande attenzione. «In fase di importazione, vengono esaminate con cura le dichiarazioni d’origine presentate dal dichiarante doganale», aggiunge Orlando. In caso di sospetti, le autorità possono richiedere documentazione aggiuntiva, come ad esempio un certificato di origine.
Modificare legalmente il paese d’origine è possibile solo se, nel paese terzo, si realizza una cosiddetta trasformazione sostanziale. «Ciò significa che il prodotto deve essere significativamente modificato, al punto da acquisire una nuova identità, una diversa funzione o una classificazione doganale differente».
Le opzioni sul tavolo per le aziende svizzere - Per evitare i dazi, le imprese elvetiche dovrebbero valutare lo spostamento di fasi produttive cruciali in paesi terzi, ma per molte realtà si tratta di una soluzione impraticabile.
Le strategie percorribili variano caso per caso. «Dalle nostre osservazioni, una delle vie più comuni è quella di trasferire i costi aggiuntivi ai clienti finali», spiega Orlando. Tuttavia, la possibilità di farlo dipende anche dai termini di consegna contrattualmente stabiliti. «In alternativa, molte aziende stanno puntando su programmi di efficienza per mantenere la competitività». Un’altra strategia presa in considerazione è l’aumento della presenza diretta sul mercato statunitense.