«Il calcio è la mia vita, senza non so stare...»

Vittorio Bevilacqua ha dovuto lasciare la panchina del Taverne: «Mi dispiace, ma l'ho presa bene».
«Con Novoselskiy non c'è mai stato un discorso...».
NOVAZZANO - Il passaggio di presidenza da Carlo Burà a Leonid Novoselskiy ha tolto la possibilità a Vittorio Bevilacqua di concedersi un secondo anno alla guida del Taverne. Un secondo anno che, visto l’andamento della stagione appena andata agli archivi, l’allenatore ticinese avrebbe sicuramente meritato. Partita l’estate scorsa con l’obiettivo di mantenere il posto in Prima Lega Classic, la squadra sottocenerina era infatti addirittura vicina alla vetta a Natale, prima del calo registrato in primavera.
«È stata una stagione bellissima, mi sono divertito molto - ci ha detto il 66enne - Dopo tanti anni in cui non allenavo più in Ticino, a Taverne ho trovato una realtà davvero unita e un ambiente familiare. In primis devo ringraziare il presidente Carlo Burà, che si è rivelato una persona eccezionale. È un esempio, non è un caso se è rimasto per oltre 30 anni nello stesso posto, mettendoci sempre impegno, dedizione e serietà. E poi voglio ringraziare il comitato, il mio staff, le persone della buvette e la signora che ci preparava la pasta per le trasferte. Non da ultimo, un grande grazie va ai giocatori, con i quali abbiamo lavorato seriamente. Sono stati encomiabili».
Restando all’ultima stagione, come ti spieghi il calo avuto in primavera?
«Nel mese di marzo abbiamo perso quattro partite di fila, ma non sono ancora riuscito a darmi una spiegazione. Probabilmente i giocatori, in passato, erano abituati a salvarsi nelle ultimissime giornate e magari quest’anno inconsciamente si sono un po’ adagiati. Mancava inoltre un po’ di qualità in panchina affinché potessimo tenere alto il ritmo fino alla fine. L’altro neo è essersi privati di Michael Kabamba, un giocatore davvero importante per noi. La società lo ha messo fuori rosa per motivi disciplinari e in questa vicenda non ho avuto voce in capitolo. Per me è stata una scelta sbagliata… Avevo carta bianca su tutte le questioni di campo, ma su questo aspetto appunto non ho potuto fare niente».
Il cambio di proprietà ha purtroppo cambiato anche il tuo destino…
«Purtroppo sì. Sarei rimasto molto volentieri e mi sarebbe piaciuto fare un altro anno, ma ormai in questi casi non si può fare altro che accettare. Mi dispiace di essere rimasto senza squadra, ma l’ho presa bene. D’altra parte sono contento che a Taverne ci sia un progetto importante in vista: ne è conferma l’acquisto di Sabbatini, un giocatore che farà da chioccia ai giovani della squadra. Con Novoselskiy il club passa dal dilettantismo al professionismo. Insomma, un bel passo avanti…».
Novoselskiy non ti ha mai chiamato?
«No, non c’è mai stato un discorso. Come spesso accade in questi casi, lui porta il suo staff e i suoi giocatori. Malgrado ciò, tiferò sempre Taverne perché è la società che mi ha dato la possibilità di tornare ad allenare in Ticino».
E tu cosa farai?
«Senza calcio non so stare. Gioco a golf e a tennis ma non mi basta, in pensione le giornate sono lunghe. Finché mi regge la salute voglio allenare, perché il calcio è la mia vita. In queste settimane ho guardato tutte le partite del Mondiale per Club e anche tanti incontri dell’Europeo femminile. Quando ripartono i campionati, andrò a seguire molte partite sui nostri campi in giro per la Svizzera. Come detto, sono in pensione e avrei tantissimo tempo da dedicare al calcio. Sono 28 anni che alleno e mi piacerebbe continuare a farlo».










