L'impotenza dei bambini

Ne parla "Su cane est su miu" di Salvatore Mereu
LOCARNO - C'è un'impotenza che avvolge certi ricordi di quando si è bambini. Una sensazione che si ritrova solo in alcuni incubi da adulti. L'umiliazione dell'essere piccolo, fermo, muto, inutile a sé. Quando si guarda "Su cane est su miu", opera di Salvatore Mereu presentata oggi al Festival di Locarno in gara tra i Corti d'autore, ci si sente così.
Gli inglesi hanno un modo per definire questa cosa, quando si tratta dell'imbarazzo legato alle azioni altrui. Dicono "second-hand embarrassment". È come se l'emozione diventasse di "seconda mano", tanto ci si immedesima. Così, seguendo per 25 minuti la storia di un ragazzino preso di mira da un amico più grande che gli toglie il cane per vendetta, si soffre. «Il cane è il mio», ripete all'infinito in sardo, unica lingua utilizzata dai personaggi. Ma non basta.
La storia, tratta liberamente da un racconto di Salvatore Cambosu pubblicato nel 1946 sulla rivista "Il politecnico" di Elio Vittorini, si svolge nell'entroterra sardo negli anni '70. A Jacopo vengono affidate delle tortore, che a sua volta lui decide di affidare a Giaime. Il cane di quest'ultimo, Miggia, si infila però nel sottotetto e rovescia la gabbia dove si degli uccelli. Il bambino, che è il più piccolo, si ritrova così a dover dire a Tommaso, che le ha catturate, che le tortore sono volate via. A essere punito non sarà però Giaime: nemmeno un pastore incontrato per caso potrà fermare la violenza che Tommaso ha deciso di mettere in atto.
«Quando uno sceglie un racconto, all'inizio non sa perché lo fa - sostiene Mereu - ma poi realizza che è perché dice qualcosa del suo vissuto». Non che lui abbia mai assistito a scene cruente come quelle della storia. «Da bambini tutto diventa un'avventura - chiarisce - mi piaceva l'idea che non sempre il mondo dell'infanzia è incantato e privo di crepe, anche se spesso lo si racconta così». Definisce la narrazione persino «profetica, perché episodi di questo tipo si ripetono e denunciano un certo crollo della sensibilità» nei giovani. Alla fine «è pure un racconto di formazione. Anche perché io credo che alla fine Tommaso abbia un po' di consapevolezza del misfatto», continua. Più in generale, «sono sempre molto interessato all'infanzia. Questo è un po' un lavoro preparatorio a un altro mio progetto che sto realizzando, ossia un film tratto da 'Alberi erranti e naufraghi' di Alberto Capitta».
I protagonisti - interpretati da Giaime Mulas, Jacopo Devigus, Tommaso Devigus, Magda Devigus e il cane Miggia - sono tutti non attori. «Li ho cercati attentamente nelle scuole in alcune comunità in cui la dimensione della strada resiste - rivela il regista - volevo dei ragazzi che per natura assomigliassero ai personaggi del film». Una scommessa. «Avevo timore Giaime non riuscisse a piangere quando doveva - conclude -. Ma lui ha delle doti eccezionali».