Via libera all’accudimento dei figli negli anni di servizio per le dipendenti pubbliche

Via libera del Parlamento. I dubbi sollevati dal Consiglio di Stato
BELLINZONA - «Il tempo per accudire i figli valga negli anni di servizio delle dipendenti pubbliche.». È la decisione presa dal Gran Consiglio che, con 57 voti favorevoli (due i contrari e dieci gli astenuti), ha accolto l’iniziativa parlamentare generica, presentata a suo tempo da Lorenzo Jelmini (e cofirmatari) e ripresa da Maurizio Agustoni (Centro), intitolata “Lo Stato non penalizzi le neomamme”.
L'iniziativa - Concretamente l'iniziativa chiede che al rientro dal congedo maternità della dipendente pubblica «venga computato negli anni di servizio anche il periodo che ha dedicato all'accudimento del o dei figli». Questa misura, secondo i promotori dell'iniziativa, «permetterebbe da una parte di riconoscere un ruolo fondamentale per la società e d'altra darebbe una concreta risoluzione a quella disparità di trattamento basata sul mancato riconoscimento del ruolo di madre».
Le modifiche - La richiesta va a modificare la Legge sull'ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti (LORD) e la Legge sugli stipendi degli impiegati dello Stato (LStip). l'iniziativa non propone un'estensione automatica del congedo, che continuerà a essere una libera scelta delle neomamme.
Il "sì" della Gestione e Finanze - La commissione Gestione e Finanze (relatore Fabrizio Sirica, PS) ha valutato favorevolmente l'iniziativa: «L'Amministrazione pubblica, in quanto datore di lavoro esemplare, deve farsi promotrice di misure che favoriscano la conciliabilità tra vita professionale e familiare, e che valorizzino i ruoli socialmente rilevanti, come quello di madre».
«L'iniziativa riduce il gender gap» - E ancora: «La penalizzazione subita dalle donne sul piano professionale a causa della maternità è un fenomeno ben documentato. Una misura come quella proposta rappresenta un segnale concreto di riconoscimento del lavoro di cura e contribuisce a ridurre il gender gap nelle carriere pubbliche».
I dubbi - Il consigliere di Stato Christian Vitta ha espresso però alcuni dubbi: «Se procediamo così come scritto nelle conclusioni del rapporto, il rischio è che vengano a crearsi alcune disparità di trattamento, anche fra le stesse neomamme. Dev’essere chiaro che non si tratta di applicazioni assolute di quanto indicato nel documento». Proprio per via dei dubbi del Consiglio Di Stato, Boris Bignasca (Lega) ha dichiarato d’astenersi e ha chiesto il ritiro della sua firma e di quella dei colleghi Piccaluga e Guerra dal rapporto firme dal rapporto di Piccaluga e Guerra.