«Le polemiche sul nuovo schermo? Le accogliamo, in fin dei conti vengono dal cuore»

A tu per tu con Raphäel Brunschwig, CEO del Locarno Film Festival, in occasione del varo della nuova edizione del Pardo: «Per l'80esimo aspettatevi grandi cambiamenti».
LOCARNO - Dopo un anno di preparazioni, anche se è la tua 13esima edizione, è un po' sempre come se fosse la prima volta: «Non lo nascondo, non vediamo l'ora che tutto cominci», sorride Raphäel Brunschwig CEO del Locarno Film Festival, «e pure la meteo - toccando ferro - è dalla nostra parte, vero è che la sera in Piazza Grande, almeno per questa settimana, bisognerà coprirsi bene», scherza.
L'ottimismo non viene però solo dalla meteo: «I segnali incoraggianti non mancano, le prevendite stanno procedendo meglio dell'anno scorso che era andato meglio del precedente, la proiezione dei “Goonies” del pre-festival è andata benissimo... Insomma, tutto lascia a ben sperare per un'ottima edizione».
Se agli occhi del visitatore a cambiare sono soprattutto i film, i nomi dei grandi ospiti e le iniziative collaterali, la verità è che il Pardo negli ultimi anni è cambiato profondamente e lontano - si può proprio dire - dai riflettori: «Abbiamo finalmente completato una grossa ristrutturazione interna, che ha influito in maniera importante sulla direzione e le modalità di lavoro, l'obiettivo è quello di diventare il più solidi possibile e migliorare costantemente, anno dopo anno», continua Brunschwig.
All'orizzonte c'è un traguardo importante che si chiama 80esimo...
«Quell'anno succederanno diverse cose importanti, fra queste c'è anche la riapertura del Grand Hotel di Locarno, una struttura iconica e storica che tornerà ad avere un peso importante per la città e la regione. Trovare un modo per collaborare? Loro non hanno nascosto l'interesse in passato e anche noi ne abbiamo tutta l'intenzione».
Nel 2027, quindi, è lecito aspettarsi un Pardo... a luglio?
«Lo abbiamo detto chiaramente e ribadito, anticipare il Festival di una settimana ci aiuterebbe molto sbloccando tante opportunità a livello internazionale che al momento ci sono precluse. Il nostro scenario ideale lo abbiamo comunicato ma non siamo un'isola ed esistiamo all'interno di un territorio che ha tante logiche che non sono solo quelle del Festival».
Esplosa dal silenzio, c'è anche la polemica legata allo schermo di Piazza Grande, ve l'aspettavate?
«Direi di no, altrimenti l'avremmo gestita diversamente. Quando lo abbiamo comunicato la prima volta durante l'assemblea, lo abbiamo fatto in maniera trasparente. L'intento era anche qui orientato al futuro e con un occhio all'efficienza e al risparmio. Non ci sono state reazioni, quindi pensavamo che tutto fosse chiaro».
Ma non è stato proprio così...
«No, infatti, ma la nostra sorpresa è stata positiva anche perché le critiche che ci sono arrivate hanno come origine l'affetto - perfetto - che il territorio ha per il Festival e per questo artefatto, lo schermo, che ha una fortissima valenza simbolica. Abbiamo aperto un indirizzo email per tentare di capire come immaginare il suo futuro e abbiamo già ricevuto molte proposte costruttive».
Finita la maratona organizzativa, ora ne inizia un'altra, quella della quotidianità del Festival. Come saranno le prossime due settimane di Raphäel Brunschwig?
«Diciamo che l'ultimo mese per me è stato piuttosto tranquillo e orientato al futuro con tante questioni importanti ma non urgenti, se avessi avuto ancora molto da fare significa che nell'ultimo ho sbagliato davvero tutto (ride). Da mercoledì però inizia il tour de force, l'agenda è davvero pienissima fra cerimonie, saluti ufficiali e incontri di rappresentanza. Tra i molti eventi collaterali, segnalo la Giornata della diplomazia, che quest’anno oltre al consigliere federale Ignazio Cassis vedrà il ministro degli Esteri britannico David Lammy, per una presenza in qualche modo legata al centenario del Patto di Locarno. Ma anche questo è il bello di un Festival - che se è nato qui non sarà un caso, in una terra predisposta all'apertura internazionale e meta d'artisti e intellettuali -, una realtà in grado di accogliere e riflettere le complessità del nostro mondo».








