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L'UDC: «No all'arrocco. Modalità fantozziane. Gobbi e Zali, lavorate»

I democentristi duri verso i due leghisti. «Uno scambio di Dipartimenti li congelerebbe entrambi quando servirebbe accelerare»
20 Minuten Agency
L'UDC: «No all'arrocco. Modalità fantozziane. Gobbi e Zali, lavorate»
I democentristi duri verso i due leghisti. «Uno scambio di Dipartimenti li congelerebbe entrambi quando servirebbe accelerare»

BERLLINZONA - L'UDC invita il Governo a non concedere lo scambio di Dipartimenti a Zali e Gobbi, un arrocco che non porterebbe ad alcun vantaggio per i ticinesi e che è anzi una «proposta inopportuna, inutile e dannosa». Contesta le modalità «fantozziane» con cui i due leghisti hanno comunicato le loro intenzioni, «in modo improvvido, senza rispetto né per le regole, né per il buon senso».

Quei comportamenti «inopportuni» - La nota del Consiglio di Stato ha mostrato che non era stato deciso, come «l'UDC aveva sospettato. Ora che il quadro è chiaro, il giudizio è netto: le modalità con cui i due Consiglieri hanno agito sono ingiustificabili, due esempi su tutti: la presenza di Zali all’inaugurazione dell’anno giudiziario come Direttore DI in pectore, oppure Gobbi che ha già provveduto a congedarsi dai poliziotti con un'email, hanno violato lo spirito stesso delle Istituzioni che rappresentano», si legge nella dura presa di posizione.

I ticinesi dicono no - I democentristi riportano il parere contrario dei ticinesi, sia nel nostro sondaggio che in uno del mattinonline, riguardo a una manovra che, «annunciata dalla stessa Lega, avrebbe come unico risultato il completo congelamento dell’attività di due interi Dipartimenti, proprio nel momento in cui invece bisognerebbe accelerare».

«Ora lavorate» - Darvi seguito vorrebbe dire «non solo bloccare due Dipartimenti e di conseguenza peggiorare la già poco edificante progettualità del Governo, ma anche impoverire ulteriormente una legislatura già pesante di ritardi e progetti fermi». L'invito a Zali e Gobbi è «di lavorare, e di portare risultati. I ticinesi non chiedono giochi di potere, ma risposte concrete. È il lavoro che conta, non la poltrona sulla quale si siede».

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