Precarietà del corpo intermedio: «USI e SUPSI, qual è la situazione?»


Interrogazione di Giulia Petralli (Verdi). Cresce la richiesta di chiarezza e stabilità
Interrogazione di Giulia Petralli (Verdi). Cresce la richiesta di chiarezza e stabilità
BELLINZONA - «Nel quadro della giornata d’azione a livello nazionale contro i tagli nella ricerca del Consiglio federale, le associazioni sindacali e studentesche hanno evidenziato le condizioni di lavoro precarie con cui è confrontato il corpo intermedio». Vale a dire, per esempio, assistenti, dottorandi, post-doc e ricercatori.Il tema è stato posto dalla granconsigliera dei Verdi Giulia Petralli con un'interrogazione in cui si chiede di fare maggiore chiarezza sulle condizioni di lavoro di questo settore all'USI e alla SUPSI.
Secondo «la Legge sulle scuole universitarie (LSU), le condizioni di lavoro del personale sono regolate in contratti collettivi di lavoro (CCL); se sono oggetto di regolamenti aziendali interni, le condizioni di lavoro dei professori, dei dirigenti e del corpo intermedio (assistenti, dottorandi, post-doc, ricercatori) sono tuttavia sottratte a tale obbligo. Per quanto concerne l’USI e la SUPSI, mentre il personale amministrativo è soggetto a un CCL, quello accademico è quindi essenzialmente assoggettato ai Regolamenti del personale applicabili».
Stando ai dati del 2021, si rileva che «nelle università e nei politecnici il 78.4% del personale accademico presenta un contratto determinato e che, per il corpo intermedio, questo tasso ammonta addirittura all’88%». Secondo un’inchiesta del 2022, «i tre quarti dei ricercatori con più di 46 anni sono ancora soggetti ai contratti di durata determinata». Più nello specifico, in base alle segnalazioni ricevute anche in Ticino, «non mancano inoltre i casi di contratti a catena reiterati addirittura anche ben oltre i 10 anni. Si tratta nel complesso di indicatori preoccupanti ed emblematici che, già di per sé, riflettono la situazione di precarietà che investe la categoria».
Nel contesto descritto, «appare pertanto necessario fare maggiore chiarezza sulle condizioni di lavoro del corpo intermedio presso l’USI e la SUPSI, attualmente non ancora soggetto a CCL. Tali enti universitari dovrebbero mirare infatti ad affermarsi come datori di lavoro socialmente responsabili, che garantiscono la necessaria stabilità occupazionale e attrattività».
Le domande:
- Qual è stato negli ultimi tre anni il numero di contratti di durata determinata e indeterminata del corpo intermedio, suddiviso tra USI e SUPSI?
- Quanti di questi contratti a tempo determinato sono stati oggetto di un rinnovo contrattuale a catena per 5, 10 o 15 anni presso USI e SUPSI (suddividere gli atenei e gli anni di rinnovo)?
- Quanti contratti a tempo determinato del corpo intermedio sono stati riqualificati a tempo indeterminato negli ultimi tre anni presso USI e rispettivamente SUPSI?
- Qual è il grado di occupazione medio del corpo accademico e quanti contratti della categoria presentano una percentuale inferiore al 50% in USI e SUPSI?
- Come si giudica la copertura previdenziale dei tempi parziali, considerato ad esempio che presso la SUPSI la deduzione di coordinamento LPP viene applicata due volte in caso di grado d’occupazione inferiore al 50% e di attività svolta presso almeno due datori di lavoro?
- Quali sono gli stipendi minimi e massimi del corpo intermedio di USI e SUPSI, come sono stati definiti i criteri per la classificazione e come viene stabilita l’attribuzione alle funzioni?
- Quali passi concreti si intendono intraprendere per stabilizzare i rapporti d'impiego e migliorare le condizioni di lavoro del corpo intermedio presso USI e SUPSI?
- Non si ritiene sia giunto il momento di assicurare la conclusione di un contratto collettivo di lavoro anche per il corpo intermedio, analogamente al personale amministrativo?