Quelle luci ticinesi che illuminano una remota valle nepalese



Il progetto "Light for Makalu Valley" ha portato l'elettricità a 1'062 abitanti in 8 villaggi nel distretto di Sankhuwasabha. Ne abbiamo parlato con Tommaso e Nicola, due dei giovani che vi hanno partecipato.
Il progetto "Light for Makalu Valley" ha portato l'elettricità a 1'062 abitanti in 8 villaggi nel distretto di Sankhuwasabha. Ne abbiamo parlato con Tommaso e Nicola, due dei giovani che vi hanno partecipato.
LUGANO - Una remota e sperduta valle del Nepal. Lontana dai principali percorsi di trekking. Lontana da tutto. Una zona dimenticata da Dio (e dal governo). Otto villaggi rurali che vivevano, fino a pochi mesi fa, ancora senza elettricità. Vivevano, appunto. Perché oggi - grazie al progetto "Light for Makalu Valley" finanziato in gran parte da Daniele Foletti, fondatore e presidente onorario dell'associazione "Mani per il Nepal", e portato avanti insieme a tre giovani ticinesi - i 1'062 abitanti di quei luoghi hanno potuto trovare la luce.
Tre amici - Una bella storia di umanità, solidarietà e impegno che ci viene raccontata su Zoom da due dei tre amici che l'hanno portata a compimento: il 26enne Tommaso Fava di Breganzona, attualmente impegnato in un dottorato in neurobiologia all'Università di Zurigo, e il 25enne Nicola Ritter di Caslano, che sta completando i suoi studi in ingegneria meccanica sempre nella Città sulla Limmat. Con loro nella valle del Makalu - e assente (giustificato) all'intervista - vi era anche il 25enne "ticinese d'adozione" Francesco Balestrero di Voghera, di professione tecnico elettronico. Tre profili diversi legati da un'amicizia di lunga data che nel febbraio del 2025 volano in Nepal. A Katmandu, capitale di un Paese in cui circa un quarto della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
Francesco BalestreroL'arrivo a Katmandu.
Collegamento elettrico - Ed è proprio in un contesto di questo tipo che i tre giovani andranno a portare, non solo metaforicamente, la luce. Ma come ha avuto origine questa avventura solidale? «Tutto nasce - ci spiega Tommaso - da Daniele Foletti. È lui che ci ha coinvolto nel progetto e lo ha finanziato quasi totalmente. Anni fa, tramite la sua associazione, era venuto a conoscenza di questa valle nel distretto di Sankhuwasabha che da tempo richiedeva un collegamento elettrico, ma che, non disponendo dei mezzi finanziari per poi pagare la corrente, veniva costantemente ignorata dal Governo. E ha deciso di fare qualcosa».
Impianto idroelettrico - Nel concreto? Portare l’elettricità - in maniera sostenibile e immediata - in quegli otto villaggi, migliorando nel contempo la qualità della vita agli abitanti. Come? Con un piccolo impianto idroelettrico che sfrutta l'acqua da una sorgente vicina al fiume Nivarey. «Con l'aiuto di un ingegnere locale e dei cittadini del posto abbiamo utilizzato la sorgente per creare un bacino artificiale di captazione dell'acqua (una sorta di vasca di cemento, ndr) che contenesse qualche migliaio di litri», ci spiega Nicola. «Da lì, sono stati installati dei tubi per trasportare l’acqua dal bacino fino alla centrale, dove sono collocate la turbina e il generatore».
Camion dall'India - Da questa piccola stazione di produzione l'elettricità viene poi distribuita nei villaggi tramite i classici cavi sui pali. «Parte del materiale è giunto dall'India. E dopo l'assemblaggio effettuato dalla ditta nel sud del Nepal per la quale lavorava l'ingegnere, è stato caricato e trasportato su enormi camion», ci spiega Tommaso. «È quasi incredibile pensare che abbiano potuto transitare su quelle minuscole strade sterrate», aggiunge Nicola.

Trentadue tonnellate di materiale - Tra mille peripezie, i camion riescono però a raggiungere il capolinea del loro viaggio: a Sirutar, nella valle dell'Arun. Da qui in poi il materiale - «ben 32 tonnellate», ci tiene a precisare Nicola - dovrà venir trasportato a piedi. «Gli abitanti dei villaggi - continua Tommaso - lo hanno trasportato in spalla fino alla loro destinazione finale. Ed è una cosa impressionante e difficile da descrivere a parole. Perché tutti i villaggi sono arroccati su terrazze e le pendenze da affrontare - con decine e decine di chili sulle spalle - sono proibitive».
Il generatore da duecento chili - La popolazione locale - istruita da un ingegnere nepalese - riesce però nel proprio intento. E partecipando attivamente al progetto, guadagna pure qualche soldino. «Il fatto che abbiano portato per sette chilometri e mille metri di dislivello tutto quel materiale può sembrare sfruttamento», scherza Nicola. «Il generatore pesava sui 200 chili e visto che non si poteva smontare ci sono volute sei persone per trasportarlo. Ma nonostante la fatica, loro erano motivatissimi. Perché oltre all'elettricità, il progetto ha dato loro la possibilità di lavorare e di avere un'entrata».

Lavoro in Qatar - Una volta installati i pali e tirati i cavi in tutti e otto i villaggi, i tre giovani procedono di casa in casa per installare i cablaggi, dalle due alle cinque lampadine e fino a tre prese elettriche. A metà maggio tutte le abitazioni erano collegate alla rete. «Di base gli abitanti usano l'elettricità per caricare il telefono (chi ce l'ha) e rimanere quindi in contatto con amici o parenti che hanno abbandonato la valle per cercare lavoro», ci spiega Tommaso. «Abbiamo conosciuto una ragazza giovanissima con già un figlio. Era l'unica che sapeva un po' di inglese e parlando con lei ci ha spiegato che il marito lavora da anni in Qatar e torna indietro solo qualche mese ogni due-tre anni».
Da "estranei" a "famiglia" - Insomma una valle tagliata fuori dal mondo che grazie alla solidarietà ticinese oggi è un po' meno isolata. «È una realtà estremamente rurale che vive davvero con pochissimo», sottolinea Nicola. «Quando eravamo là - aggiunge Tommaso - ci consideravano quasi come degli extraterrestri super-tecnologici. Ma pian piano che passava il tempo siamo diventati parte della comunità a tutti gli effetti e ci hanno dimostrato in molteplici modi quanto sia stata importante e profonda - aldilà dell'elettricità - la nostra presenza a livello sociale. Alla fine siamo diventati un'unica famiglia».

"Seed of Light"- Ultimato questo progetto, i tre giovani hanno deciso di creare l'associazione "Seed of Light" (qui il sito internet) per continuare a fornire aiuto e sostegno alle comunità di tutto il mondo che vivono in situazioni difficili. «Il nostro obiettivo - concludono - è sviluppare progetti incentrati principalmente sull’implementazione di soluzioni energetiche sostenibili, con particolare attenzione al rispetto degli equilibri ambientali e sociali locali».
Appuntamenti - Se il progetto "Light for Makalu Valley" vi ha intrigato sarà possibile incontrare Nicola, Tommaso e Francesco il prossimo 20 settembre durante la terza edizione di TEDxBellinzona. La storia del progetto verrà inoltre raccontata da un documentario di Stéphan Chiesa che verrà trasmesso a ottobre sulla RSI nella trasmisisone "Storie".


