«Il mio vino, affinato in botti 100% made in Ticino»



Davide Biondina: «Ecco come le caratteristiche del legno incidono sulla qualità dei miei prodotti»
Davide Biondina: «Ecco come le caratteristiche del legno incidono sulla qualità dei miei prodotti»
LUMINO - Non solo uve di qualità. Per fare un buon vino occorre dedizione, passione e tanta pazienza. Lo sa bene Davide Biondina, titolare della cantina Terre d'Autunno di Lumino, viticoltore-bottaio che realizza per mano propria le sue botti, a partire da legname proveniente dai boschi ticinesi.
Ed è proprio nelle sue botti che il suo vino viene affinato. «Conoscere l'origine dell'albero - ci spiega - è fondamentale». E sottolinea: «A seconda della sua provenienza, le caratteristiche del legno sono diverse, così come i sentori trasmessi poi al vino durante il processo di invecchiamento».
Biondina, come influiscono le proprietà del terreno su cui cresce l’albero sulle caratteristiche del vino?
«Le proprietà del terreno influenzano lo sviluppo della pianta, dunque la qualità del legno che a sua volta incide sulle caratteristiche della botte e del vino affinato. Bastano leggere variazioni per dare origine a legni con profili aromatici differenti. Un altro fattore determinante è la tostatura della botte, che posso regolare personalmente. Tutto questo mi permette di adattare con precisione ogni botte alla tipologia di vino che voglio produrre».
Un risultato finale soddisfacente?
«Assolutamente sì. È un lavoro che porto avanti da vent’anni. Gestire tutto il processo, dalla scelta dell'albero fino all’affinamento del vino, mi permette di controllare ogni dettaglio. È un percorso di miglioramento continuo, ma a oggi posso dire di aver raggiunto un buon livello tecnico e i risultati mi danno molta soddisfazione»
Per quanto tempo rimane il vino in botte?
«Per i bianchi, effettuiamo la fermentazione alcolica direttamente in botte, poi si segue un affinamento di 4–6 mesi, senza esagerare troppo con le tempistiche. I rossi riposano dai 12 ai 24 mesi, a seconda dell’etichetta. Tra l’altro produciamo anche una grappa: otto anni in una botte di rovere ticinese, costruita pure questa personalmente».
Dove hai imparato a costruire botti?
«La mia formazione è avvenuta sul campo, tra Piemonte e Francia. Nel 2005 tagliavo già alberi e preparavo le doghe. Poi le botti venivano costruite in collaborazione con una tonnellerie piemontese. Portavo il mio legno e partecipavo attivamente al processo. Da sei o sette anni, sono completamente autonomo e ho creato un mio atelier».
Oltre al merlot, vitigno simbolo del Ticino, coltivate i cosiddetti vitigni resistenti (arinarnoa, sauvignac e sauvignier gris). Perché questa scelta?
«Per ridurre i trattamenti in vigna. Sui bianchi abbiamo già raggiunto un ottimo livello qualitativo e credo che possano competere con le varietà tradizionali. Sui rossi, invece, non ho ancora trovato una varietà resistente davvero soddisfacente».
Il cambiamento climatico e gli eventi meteorologici estremi come stanno influenzando il lavoro in vigna?
«Grandinate e alluvioni, sono senza dubbio penalizzanti. L’innalzamento delle temperature, invece, paradossalmente può portare a una maturazione più regolare e anticipata delle uve. Non è una buona notizia a livello globale, ma nel nostro settore, almeno per ora, non rappresenta un ostacolo insormontabile».
C’è una bottiglia prodotta solo in annate speciali?
«Si chiama "Le nostre vite". È una riserva esclusiva delle migliori annate, prodotta da uve appartenenti a un vigneto storico di 50 anni. La resa è bassissima, di circa 350 grammi per metro quadrato. La botte usata per l’affinamento è realizzata con alberi di quercia cresciuti a soli 200 metri dal vigneto. Un vero vino a chilometro zero, anche nel legno».