Serie A al via, la griglia di partenza di Beppe Sannino


Con l'ex Paradiso e Bellinzona Beppe Sannino abbiamo parlato dell'imminente inizio della Serie A: «Vedo il Napoli favorito, anche se quest’anno Conte vorrà puntare sulla Champions. Il Gasp? Roma è sempre stata croce e delizia per gli allenatori ed è la piazza più complicata d’Italia».
Con l'ex Paradiso e Bellinzona Beppe Sannino abbiamo parlato dell'imminente inizio della Serie A: «Vedo il Napoli favorito, anche se quest’anno Conte vorrà puntare sulla Champions. Il Gasp? Roma è sempre stata croce e delizia per gli allenatori ed è la piazza più complicata d’Italia».
MILANO - L’astinenza sta per finire: Genoa-Lecce e Sassuolo-Napoli, in programma domani alle 18.30, metteranno in moto la Serie A 2025/26. Un campionato, quello italiano, sempre molto seguito anche alle nostre latitudini. La vicinanza con realtà come Como, Inter, Milan e Juve porta infatti molti ticinesi oltre confine.
Abbiamo interrogato Beppe Sannino - reduce dall'esperienza sulla panchina del Bellinzona - che ci ha dato la sua personalissima griglia di partenza…
«Guardando al mercato, penso che il Napoli abbia costruito una squadra non solo per ripetersi in Italia, ma soprattutto per fare strada in Europa. Conte ha vinto tanti Scudetti nella sua carriera e ora sicuramente ha voglia di primeggiare in Champions. Penso sia il suo cruccio: si è fatto allestire una rosa con tanti giocatori che possono aiutarlo a togliersi questo sfizio…».
Dietro al Napoli chi mettiamo?
«Dico Inter, anche se ci sono delle incognite. Bisognerà vedere come la squadra risponderà alle sollecitazioni di Chivu, dopo quattro anni molto buoni con Inzaghi. Chivu è giovane, mi piace come persona, ma come allenatore praticamente nessuno lo conosce. È un ragazzo umile… Ma San Siro è San Siro e l’Inter è l’Inter… Non so come si approccerà all’ambiente nerazzurro, avrà sicuramente bisogno di tempo».
Al terzo rango?
«Inserisco il Milan. Secondo me Allegri è fra i migliori allenatori in Europa. Ci sono gli allenatori-allenatori e gli allenatori-gestori e lui rientra in questa seconda categoria. Ha un linguaggio semplice, non quello tipico del giorno d’oggi che io chiamo “più cornice che quadro”: Max va subito al sodo. È di un’intelligenza unica ed è un personaggio forte. Oggi, infatti, al Milan non si parla più solo di Ibra, il che significa che qualcosa è cambiato. Lo Scudetto? Può giocarsela, ma quella rossonera resta una squadra in costruzione dopo un’annata complicatissima».
E l’ultimo posto Champions a chi andrà?
«Alla Juve, anche se vale un po’ lo stesso discorso fatto per l’Inter, malgrado Tudor abbia più esperienza di Chivu. Mi piace il suo temperamento, si addice a squadre che vogliono raggiungere immediatamente obiettivi. Per questo motivo credo che i bianconeri possano fare bene».
E la nuova Roma di Gasperini?
«È un’incognita. Tanto dipenderà proprio dallo stesso Gasperini se riuscirà a entrare nelle simpatie dei romani. Se così fosse, allora potrebbe davvero fare bene. Roma è sempre stata croce e delizia per gli allenatori ed è la piazza più complicata d’Italia. Ci sono tantissime radio e tv che parlano di calcio 24 ore su 24. Tutti esprimono la loro opinione e si continua a parlare. Non è semplice muoversi in un simile contesto, ma il Gasp ha gli attributi per farlo».
Come valuti il Como?
«È una società giovane, dinamica e snella. Mi piace perché sento parlare solo il presidente e l’allenatore, non ci sono tanti proclami e si lavora bene. Non vedo gente che vuole mettersi in primo piano: Fabregas può lavorare in modo sereno e tranquillo. Se mi ha stupito il fatto che alla fine non sia andato all'Inter? No, non sono stupito. E a questo proposito vorrei prendere l'esempio del Barcellona, considerato da tanti come una famiglia dalla quale nessuno vuole andare via. Ecco, in questo momento, secondo me, a Como c'è una famiglia, Cesc si sente a casa e sta dando un’idea alla squadra… Perché andare via? Inoltre gli hanno rinforzato la squadra con acquisti mirati».
Recentemente ha dichiarato che per il momento non vuole allenare in Italia, come mai?
«Per il momento sì, se posso resto fuori dall’Italia. Prima di iniziare una nuova avventura ti hanno già etichettato, non ho voglia di lottare con questi luoghi comuni. Tanto prima o dopo ti mandano via lo stesso, anche se - ad esempio - tenti di avvicinarti al giornalista che ha più potere, come fanno in tanti. Mi piace quando c’è un confronto, mi piace spiegare come gioco, ma quando ti metti a parlare di pallone con qualcuno che non ha mai giocato e che ti giudica, allora non va bene. Spesso è tutto studiato… Stesso discorso per gli agenti: quando un loro giocatore vuole essere enfatizzato, spesso si chiama un giornalista che poi porta in alto questo giocatore. Funziona così e per me non esiste... Questo succede in tutta Italia».