«Dopo sono bravi tutti a parlare…»


«Se sei 170 cm, non puoi pensare di fare il portiere ad alto livello o la prima punta “di peso”»
Arno Rossini: «Se hai fame, scout, allenatori e dirigenti se ne accorgono, e può fare la differenza tra una carriera vera e una solo immaginata».
«Se sei 170 cm, non puoi pensare di fare il portiere ad alto livello o la prima punta “di peso”»
Arno Rossini: «Se hai fame, scout, allenatori e dirigenti se ne accorgono, e può fare la differenza tra una carriera vera e una solo immaginata».
TORINO - “Come ha fatto a non capire quanto forte fosse Dean Huijsen, svendendolo per poi vedere il suo valore di mercato impennarsi?”. Nelle ultime settimane i media di mezza Europa hanno spernacchiato la Juventus, dimostratasi miope - giusto per usare un eufemismo - nella gestione del talentino olandese naturalizzato spagnolo, ora nuovo gioiellino del Real Madrid. Qualcuno è poi andato oltre, ha girato il coltello nella piaga (dei tifosi bianconeri) ricordando come, in passato, la Vecchia Signora fosse stata vicina alla firma dei giovanissimi Kvaratskhelia, Haaland e Bellingham, salvo poi titubare nel momento di affondare il colpo. La carriera dei tre è sotto gli occhi di tutti e a Torino sono passati da sprovveduti. Ma è effettivamente così?
«A parte che “dopo” sono bravi tutti a parlare - è intervenuto Arno Rossini - però è vero che, per quanto riguarda Huijsen, l’errore commesso dalla Juve è stato grave: si vedeva che aveva tutto per fare bene. Premesso ciò, lasciamo stare i talenti generazionali, gli Yamal per intenderci, e concentriamoci sui calciatori “solo” molto forti: non è detto che a 16-17 anni siano già dei “colpi”. Nella valutazione, a quell’età, quando la crescita non è ancora conclusa, il margine d’errore è infatti ancora molto grande. Si dovrebbe dunque analizzare un caso per volta. Magari il ragazzo promette bene ma costa decine di milioni o ha un procuratore esoso…».
Ci sono dei parametri che facilitano la scelta?
«Intanto si deve sottolineare che, se un club “provina” un ragazzo, vuol dire che lo ha già fatto seguire e conosce le sue potenzialità. Vuol dunque dire che fino a quel punto è arrivato e che la sua rete di scout funziona. Poi, sì, ci sono quattro “indicatori” di cui si deve tenere conto: le qualità tecniche, quelle tattiche, le caratteristiche fisiche e la testa. Almeno due di questi devono emergere, devono essere sopra la media, ma nettamente, per far “notare” un giovane. Se ci sono, allora si può pensare di fare una scommessa».
In ordine di importanza…
«Mah, vedete, le qualità tecniche si possono allenare. La ripetizione del gesto, meglio se si tratta di un giovanissimo, ti porta a migliorare molto. Per la tattica, poi, contano solo studio e applicazione. Indispensabili sono, in quest’ordine, testa e fisico. Il secondo perché, semplicemente, non lo puoi cambiare: se sei 170 cm, non puoi pensare di fare il portiere ad alto livello o la prima punta “di peso”. Il primo… perché ti fa spingere dove invece altri rallentano».
Il classico “non mollare mai”.
«Esatto, sembra una frase fatta ma è così. La storia è piena di giocatori magari non eccelsi tecnicamente ma da considerare campioni veri».
Valon Behrami, pensando alla Svizzera, al Ticino.
«O Rino Gattuso, con il quale ho lavorato a Sion. Era allenatore-giocatore, aveva vinto tutto, fisicamente non era mai al top eppure non c’era un duello nel quale si tirasse indietro. Dava sempre il 100%. E questo, fidatevi, è fondamentale. Quello che ha la “testa”, per capirci, è quello che si ferma dopo l’allenamento per delle sedute straordinarie, che visiona i suoi filmati per capire dove sbaglia e così migliorarsi, quello che non lascia nulla al caso. Devi avere delle qualità, è chiaro, ma se “vuoi arrivare” già da giovanissimo, se hai quella fame lì, scout, allenatori e dirigenti se ne accorgono. E può fare la differenza tra una carriera vera e una solo immaginata».