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«Bisogna fare qualcosa come in F1 per proteggere gli atleti»

Dopo la morte di Matteo Franzoso, vittima di una caduta in Cile, tornano le polemiche sulla sicurezza
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«Bisogna fare qualcosa come in F1 per proteggere gli atleti»
Dopo la morte di Matteo Franzoso, vittima di una caduta in Cile, tornano le polemiche sulla sicurezza
L'ex campione azzurro Kristian Ghedina: «Si potrebbe tornare indietro, questi sci sono troppo veloci. Eliminare del tutto il rischio non è comunque possibile».
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SANTIAGO DEL CILE - La morte di Matteo Franzoso, vittima di un incidente durante un allenamento in Cile, ha riacceso il dibattito sulla sicurezza nel mondo dello sci e delle discipline veloci. Inevitabile se si pensa che il circo bianco a tinte azzurre - meno di un anno fa - aveva già pianto la scomparsa della 19enne Matilde Lorenzi.

«La discesa libera è un mestiere pericoloso e non si può pensare che vada sempre tutto bene, ma bisogna fare qualcosa come in F1 sul fronte della sicurezza». Parola dell’ex campione Kristian Ghedina, ex discesista italiano sollecitato da “Lapresse”. «Certo è un lavoro duro e impegnativo preparare una pista con reti di protezione. L'allenamento in Cile è il più importante della preparazione estiva, poiché da noi i ghiacciai non ci sono più. I discesisti per abituarsi alla velocità e ai salti devono andare nell'emisfero sud. Cosa si può fare per diminuire i rischi? Aumentare gli spazi di fuga e migliorare le reti di protezione, questo è necessario».

Il 55enne, "combattuto" - da atleta - nella sua analisi, parla anche dei materiali, sempre più performanti e che portano a spingersi anche oltre i limiti. «Si potrebbe tornare indietro, fare dei materiali che non ti permettano più di creare velocità in curva. Oggi, quando fai forza sterzante e sei in grado di sopportare la forza centrifuga, prendi una velocità impressionante e diventi come una fionda. Lo scorso anno ci sono stati tanti infortuni anche nelle discipline tecniche. Pare che la Fis stia discutendo con alcune aziende per trovare situazioni per le quali gli atleti non abbiano più queste accelerazioni. Io però ad esempio come atleta - se oggi facessi ancora la discesa libera - non tornerei indietro, anche se l'infortunio è dietro le porte. Eliminare del tutto il rischio non è possibile, ma bisogna comunque fare qualcosa».

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COMMENTI
 

prophet 3 sett fa su tio
anche un muro di legno a pochi metri dalle 2 misere reti di protezione in curva di certo non aiutano

Freerider67 3 sett fa su tio
Le osservazioni di Ghedina sono condivisibili. Ma come già scritto in un altro blog, la sicurezza durante gli allenamenti non può avere gli stessi criteri della gara, dove tutto è perfetto. Lavorare sui materiali ok, ma la sicurezza deve essere migliorata. Ovvio che i costi aumentano, ma deve essere interpretata come un investimento, un pò come sui cantieri.
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