Dazi, una "sberla" anche per il popolo americano?

Le tariffe imposte da Donald Trump peseranno come una "tassa nascosta" sui consumatori statunitensi. Qualche campanello d'allarme è già risuonato. Il tycoon lo ha spento (licenziandolo)
WASHINGTON D.C. - Nel giro di un semestre, Donald Trump ha trattato la globalizzazione come l'avevamo sempre conosciuta alla stregua di una partita di calcio al campetto, dove lui ha portato il pallone. Sua la palla, sue le regole. Per una partita che, su un orizzonte di lungo periodo, probabilmente non vedrà vincitori.
Solo pochi giorni fa, all'indomani dell'annuncio degli ultimi dazi - tra cui, quelli al 39% riservati alla Svizzera -, Barry Appleton, co-direttore del Center for International Law della New York Law School ha dichiarato - all'Associated Press - che «per molti aspetti, qui ci perdono tutti». Sì, dal punto di vista strettamente personale, il grande vincitore è per forza di cose Donald Trump. Il presidente statunitense ha ottenuto quello che voleva, costringendo tutte le economie a sedersi al suo tavolo. Ma a quale prezzo per il futuro statunitense?
Finora, escludendo la Cina e il Canada, nessuno ha replicato alla frusta dei dazi imponendone di ulteriori a sua volta. Resta tuttavia il fatto che imporre tariffe doganali sui beni che gli altri paesi esportano verso gli Stati Uniti equivale a imporre una tassa nascosta sui consumatori americani, che dovranno sborsare qualche dollaro in più rispetto a quanto fatto finora per acquistare quello stesso bene.
"Qualche dollaro" che dipende poi dal tipo di prodotto. Secondo le stime dello Yale Budget Lab, nel breve termine i consumatori a stelle e strisce potrebbero essere confrontati con un aumento di prezzo medio del 1.8% nel breve termine. Che tradotto in soldoni significa, per ogni famiglia, perdere circa 2'400 dollari in termini di potere d'acquisto. E se la tempesta non è ancora arrivata, osserva "The Conversation", è solo perché probabilmente, in vista della scadenza fissata a oggi, gli importatori si sono affrettati a fare scorte sfruttando il "vecchio" prezzo (ma non si può escludere che alcuni distributori decidano di accollarsi il margine di sovrapprezzo dovuto ai dazi, senza quindi riversare alcuna conseguenza sui consumatori).
Certo, qualche campanello d'allarme anche negli States c'è stato. Su tutti, le cifre pubblicate lo scorso primo agosto, che dipingono per gli Stati Uniti un orizzonte poco roseo in termini di crescita economica e investimenti, proprio a causa dell'instabilità generata dalle politiche del tycoon. Cifre a cui Trump ha replicato facendo liberare la scrivania a Erika McEntarfer, responsabile del Bureau of Labor Statistics.