Cucine "da incubo": così le microplastiche si infiltrano nel nostro cibo


Uno speciale BBC lancia l’allarme ed elenca strategie pratiche per difendersi dalle microplastiche a tavola.
Uno speciale BBC lancia l’allarme ed elenca strategie pratiche per difendersi dalle microplastiche a tavola.
LONDRA - Immaginiamoci di mangiare l'equivalente di una porzione abbondante di cereali per colazione in microplastiche ogni anno, senza nemmeno accorgercene. E solo per aver utilizzato in cucina un tagliere in polietilene. Sembra fantascienza, ma è la realtà che emerge dagli studi presi in esame negli scorsi giorni da BBC. Ne emerge che questi frammenti invisibili si annidano nel nostro cibo e nell'acqua, nelle pentole antiaderenti usurarate e nei bicchieri usa e getta, trasformando le nostre cucine in veri e propri campi minati di plastica. Ma cosa possiamo fare?
Per capirci meglio, stiamo parlando di frammenti invisibili che si staccano da utensili da cucina, contenitori, bottiglie d'acqua e persino dalle bustine di tè, contaminando carne, verdura, miele e latticini. Sì lo abbiamo capito, sono le microplastiche, particelle inferiori a 5 mm, e le nanoplastiche, tra 1 e 1.000 nanometri, che - secondo uno speciale BBC -, si insinuano sempre più nel nostro cibo e nell'acqua, come dimostra uno studio condotto su 109 Paesi, con un aumento del consumo di queste microplastiche di oltre sei volte dal 1990 al 2018.
Secondo Sheela Sathyanarayana, professoressa di pediatria e scienze della salute ambientale e occupazionale all'Università di Washington, «ci sono molti problemi a portata di mano in casa che è davvero facile risolvere». L'elenco delle cose da sapere è davvero lungo e ne facciamo una breve sintesi. Risciacquare il riso può ridurre le microplastiche del 20-40%, oppure lavare carne e pesce può aiutare, ma non eliminare la minaccia del tutto. Bisogna anche considerare che persino il sale, in particolare quello marino, è spesso contaminato a causa dell'inquinamento di laghi, fiumi e oceani. Ma non solo. Il calore, infatti, accelera il rilascio di microplastiche. Qualche esempio? I contenitori riscaldati nel microonde possono rilasciare milioni di particelle, e anche versare bevande calde in bicchieri di plastica monouso non è la scelta migliore.
Capitolo a parte merita l'acqua. Secondo Annelise Adrian del World Wildlife Fund la questione è più che seria: «Stanno emergendo studi che dimostrano che nell'acqua in bottiglia ci sono molte più micro e nanoplastiche di quanto si pensasse in precedenza». Dunque che fare? Per gli esperti l'acqua del rubinetto filtrata può ad esempio essere un'alternativa migliore, con filtri a carbone che rimuoverebbero fino al 90% delle microplastiche.
In cucina occhio anche agli imballaggi, ai taglieri e alle pentole antiaderenti graffiate: sono tutte fonti di rischio significative. Anche la semplice apertura di un imballaggio di plastica può generare fino a 250 frammenti per centimetro. Ecco che quindi, secondo i ricercatori, è meglio privilegiare alimenti freschi e integrali e sostituire gli utensili in plastica danneggiati con alternative in vetro o acciaio inossidabile.
In tutto questo, certamente non bisogna farsi prendere da ansie eccessive ed eliminare subito tutta la plastica dalla cucina, ma piuttosto concentrarsi su un approccio più graduale e consapevole.