Il PS difende Ghisletta: «La sua voce va ascoltata»

I vice-presidenti della sezione di Lugano a fianco del proprio municipale: «Ogni volta che solleva un problema, evidenzia una criticità o propone un punto di vista diverso, la risposta è spesso la stessa: ignorare o mettere a tacere».
LUGANO - Alcune posizioni tenute da Raoul Ghisletta - principalmente quella sul PSE, ma anche altre uscite sui social (e non solo) del municipale socialista - hanno fatto perdere la pazienza a Michele Foletti. Il sindaco di Lugano ha infatti recentemente ammesso la propria irritazione sulle colonne del CdT invitando il collega a lavorare «nell'interesse della Città e dei cittadini» e non «per ingraziarsi i suoi elettori». E ora, il PS risponde facendo quadrato attorno al suo municipale.
Con una nota firmata dai co-presidenti Tessa Prati e Filippo Zanetti, la sezione luganese del partito ha risposto per le rime a Foletti. «A Lugano esiste una parte, sicuramente minoritaria, ma reale e viva, della popolazione che ha scelto di essere rappresentata in Municipio da una voce di sinistra: quella di Raoul Ghisletta. Una scelta democratica e legittima, che però sembra non essere né accettata né compresa da alcuni colleghi dell’esecutivo».
Prati e Zanetti continuano la difesa al loro municipale ricordando come la Sinistra, «con senso di responsabilità», abbia scelto di non collocarsi all’opposizione, ma di assumersi il compito di forza di governo, partecipando pienamente alla gestione della città. «Eppure - rimarcano - ogni volta che solleva un problema, evidenzia una criticità o propone un punto di vista diverso, la risposta è spesso la stessa: ignorare o mettere a tacere».
Una prassi, questa, che secondo i due co-presidenti sezionali è «radicata ormai da anni» nella gestione politica di Lugano, impoverendo il dibattito e soffocando deliberatamente la pluralità di voci. «È un metodo - continuano Prati e Zanetti - che esclude invece di includere, come se l’unica opinione valida fosse quella della maggioranza. Invece che attaccare Ghisletta sarebbe forse utile prendere maggiormente in considerazione sia il suo modo di lavorare, sia i contenuti e le critiche espresse, anche quando non coincidono con quelle dominanti. Governare non significa imporre, ma ascoltare e costruire insieme. Chi non lo capisce, mette a rischio la stessa essenza della collegialità».
















