«È stato un anno disastroso per tutti, ormai il tempo delle parole è finito»


Mondo agricolo, patriziati, Enti e abitanti delle regioni di montagna lanciano l'ennesimo appello sulla gestione del lupo. «Le ripercussioni riguardano tutti».
Mondo agricolo, patriziati, Enti e abitanti delle regioni di montagna lanciano l'ennesimo appello sulla gestione del lupo. «Le ripercussioni riguardano tutti».
BELLINZONA - «In un 2025 che ha superato tutti i record, vogliamo parlare in modo chiaro e forte della errata gestione del lupo». È iniziata così con un rimprovero (neanche tanto velato) «all'immobilismo» delle autorità cantonali e federali a firma del segretario agricolo cantonale Sem Genini, la conferenza stampa nella quale chi è confrontato giornalmente con il grande predatore - i rappresentanti del mondo agricolo, dei patriziati, della politica, di Enti e abitanti delle regioni di montagna - ha voluto lanciare (l'ennesimo) grido d'allarme.
Vulnerabili e impotenti - Il lupo, infatti, sta bene. E si moltiplica. In Ticino come in Svizzera. E ogni animale in più che si aggira sul territorio ingigantisce i problemi per le attività umane. «Le famiglie contadine - ha evidenziato Genini - vivono un momento di forte disagio. Sono confrontate con stress, disperazione, impotenza e perfino dolore. Perché - ricorda il segretario agricolo, citando il rapporto Guggiari - in Ticino la maggior parte degli alpeggi ovini e caprini sono vulnerabili».
«Non si può andare avanti così» - Una vulnerabilità confermata da Omar Pedrini. «Il 2025 è stato un anno disastroso per tutto il settore primario», ha esordito il presidente dell’Unione Contadini Ticinesi (UCT). «Sono anni che denunciamo la situazione, ma non veniamo ascoltati. Intanto le aziende agricole chiudono. Ed è assurdo che non ci sia più una singola pecora in un alpeggio in Valle Maggia e che ne siano rimaste pochissime in Leventina. Non si può continuare così».
Numero record - Quest'anno, infatti, la stagione alpestre si è conclusa con il numero più alto di animali predati mai registrato. «E dico registrato - precisa Pedrini - perché non si pensi che tutti gli animali predati sono stati segnalati. Un incremento drammatico a cui si aggiungono i dispersi che difficilmente verranno ritrovati».

Di male in peggio - Rabbia. Frustrazione. Impotenza. Questi i sentimenti che un agricoltore prova dopo aver subito una predazione. «Mi piacerebbe dire che le cose stiano migliorando. Ma non posso. Perché stanno peggiorando». Anche perché - ricorda Pedrini - l'onere delle misure di protezione è scaricato quasi interamente sulle spalle degli allevatori. E questo va a compromettere la solidità finanziaria delle loro aziende.
Benessere a picco - Emblematico, da questo punto di vista, è il caso dell'allevatrice Flavia Anastasia (ne avevamo già parlato qui). «Non sempre le misure di protezione sono applicabili, ma anche quando lo sono, spesso generano problemi enormi», ha spiegato. «Il benessere degli animali, infatti, ne risente, facilitando la trasmissione di malattie e compromettendo la quantità di latte prodotto e la fertilità degli animali. Senza contare l’impatto finanziario, inclusi gli esorbitanti costi veterinari che ne conseguono».
Problema noto e inascoltato - La diffusione incontrastata del lupo, d'altronde, è una problematica contro cui allevatori e organizzazioni agricole combattono da decenni. «Negli ultimi 20 anni - ricorda il presidente dell’APTdaiGP Ticino Armando Donati - abbiamo sollecitato più volte il Cantone e la Confederazione a intervenire per limitare il numero di lupi presenti, poiché in caso contrario la pastorizia e l'allevamento sarebbero entrati in crisi. Funzionari ed esecutivi non hanno però dato ascolto a questi appelli e hanno sempre sottovalutato il problema e lasciato che il lupo si espandesse in modo sproporzionato. Ora la crisi della pastorizia e dell'allevamento nonché il pericolo per l'uomo è reale», conclude Donati. «Sulle Alpi il lupo è presente ovunque mentre gli animali da reddito, quelli rimasti, sono rinchiusi nelle stalle e nei recinti».

«Mancanza di visione» - Alex Farinelli ha invece voluto sottolineare come il quadro normativo e il monitoraggio necessitino di importanti aggiornamenti. «Al momento presentano numerosi colli di bottiglia», ha precisato nella sua duplice veste di consigliere nazionale e presidente della Società Ticinese di Economia Alpestre (STEA). «È inaccettabile che occorrano settimane per i risultati dei test del DNA quando nelle altre nazioni occorrono solo 4 o 5 giorni». Per Farinelli a mancare è soprattutto una visione d'insieme. «Dopo gli alpeggi con bestiame minuto, toccherà a quelli con bovini, come già avviene nel Canton Vaud, nel Giura e da quest’anno in modo molto impattante anche nel Canton Berna. E a risentirne non sarà solo la produzione di formaggio e latticini d’alpe ma l’intera filiera del latte, che già si trova in enorme difficoltà».
Il benessere degli animali non va sacrificato - Per Farinelli il benessere degli animali da reddito non va sacrificato sull'altare dell’ideologia. «Bisogna ora davvero ridurre il numero di lupi, non ci si può più limitare solo a contenerli».
Effetto domino - L’abbandono degli alpeggi complica il lavoro dei patriziati e rischia di vanificare gli importanti investimenti fatti in favore del territorio e del turismo. «Stiamo parlando di milioni di franchi per avere delle infrastrutture adeguate e una rete di alpeggi che permetta di continuare a preparare prodotti eccezionali», sottolinea Tiziano Zanetti, presidente dell'Alleanza Patriziale Ticinese (ALPA) che raggruppa 200 patriziati e circa 90'000 patrizi in Ticino. «E tutto questo ora è messo in serio pericolo dalla presenza del lupo.

«Regioni di montagna a rischio» - Il vicepresidente dell’Ente Regionale per lo Sviluppo del Locarnese e della Vallemaggia Damiano Vignuta ha invece evidenziato «come l’agricoltura di montagna non sia solo un patrimonio secolare ma la sua scomparsa avrebbe conseguenze a catena sul turismo, sulla ristorazione e sulle altre imprese delle regioni di montagna, compromettendone lo sviluppo e impoverendo il territorio». Mentre Denis Vanbianchi, presidente del Patriziato di Olivone, Campo e Largario, ha messo in evidenza le «notevoli difficoltà e i grandi rischi» per le regioni di montagna. «Invito chi predica la convivenza a trasferirsi nelle Valli per vivere più a contatto con la natura e a parlare e, soprattutto, ascoltare le persone che vi abitano e lavorano».
«Il tempo delle parole è finito» - In conclusione, tutti gli oratori hanno fatto notare come la necessità di intervenire non vada a sostenere solo gli allevatori, ma sia a beneficio di tutti. «I problemi di una gestione inefficace del lupo non si limitano al settore agricolo ma hanno ripercussioni sulle regioni di montagna e il loro sviluppo. Il tempo delle parole è finito, bisogna agire. O sarà troppo tardi».
E come ribadito da Pedrini, bisogna farsi una semplice domanda a cui nessuno ha finora risposto. «Quali sono i vantaggi e i benefici del lupo e cosa ha portato al nostro territorio da quando è tornato? La risposta è semplice: niente di concreto, a parte l’ideologia».
La petizione - Infine la deputata in Gran Consiglio Roberta Soldati, ricordando che a breve il legislativo emanerà l’importante “Piano di gestione del lupo in Ticino”, voluto dal legislativo cantonale. Inoltre ha annunciato il lancio di una petizione intitolata “Basta perdere tempo! Salviamo ora o mai più l’allevamento e l’attività alpestre in Ticino!” in cui si chiede alle autorità cantonali e federali «di intraprendere quei passi necessari e non più prorogabili per una gestione davvero efficace e adeguata del lupo».























