Tragedia in cantiere: «Mai fatta una formazione sulla sicurezza»

Parlano i tre imputati accusati di aver causato la morte di un 54enne sul cantiere dell'ex Hotel du Lac di Paradiso. L'uomo venne travolto da un telaio gettato dal sesto piano.
LUGANO - Disattenzioni, negligenze e scarse misure di sicurezza. Sarebbero questi i motivi che hanno portato alla morte di un operaio, l'8 gennaio 2021, sul cantiere dell'ex Hotel du Lac di Paradiso.
L'uomo, un 54enne del Comasco, venne colpito alla testa da un telaio in legno gettato da un collega, attraverso il vano dell'ascensore, dal sesto piano dell'edificio. Il tutto avvenne nel quadro di una procedura di lancio di materiali che andavano convogliati al pianterreno.
Il collega, nello specifico, avrebbe atteso una decina di secondi dopo il "butta!" del 54enne (che non indossava un casco) prima di lanciare il telaio nel vano. Quando quest'ultimo, incerto che la sua comunicazione fosse stata udita, si sporse con la testa nel vano del lift, il materiale gli rovinò addosso, causandone la morte.
Stando alla pubblica accusa, la tragedia sarebbe stata la conseguenza dell'agire di tre diverse persone: l'operaio che gettò il materiale, il tecnico responsabile della sicurezza e il capocantiere. I tre sono accusati di omicidio colposo e violazione delle regole dell'arte edilizia.
«Mi sono soffermato solo due-tre secondi» - «In quel momento stavo parlando con un collega, ma non è vero che mi sono soffermato dieci secondi prima di effettuare il lancio. È passato meno tempo, stimo due-tre secondi», ha dichiarato in aula il primo imputato, l'operaio 50enne. L'uomo ha inoltre precisato che al sesto piano, dove stava lavorando, «non c'era nessun tipo di rumore».
«Mi sono adeguato a quello che facevano gli altri» - «Per quel che mi ricordo quando la vittima ha dato il via, con l'altro collega abbiamo smesso di parlare e ho lanciato il telaio», ha continuato. «Abbiamo sempre usato questa procedura, il collega diceva "butta!", io dicevo "butto!" e gettavo il materiale. Se non ci si capiva a volte c'era un secondo richiamo. Non ricordo se quella volta l'ho detto due volte. Io arrivavo da un altro cantiere e mi sono adeguato alla procedura che vedevo essere applicata lì».
«Di parapetti alle porte dell'ascensore ce n'erano?», ha chiesto il giudice Paolo Bordoli. «No, non ne ho mai visti usare ai piani», ha risposto il 50enne. «E i caschi venivano messi?». «Sì. Non ricordo però che qualcuno sia stato rimproverato per non indossare il casco».
«Le è mai capitato di vedere qualcuno infilare la testa nel vano ascensore quando lavorava al pianterreno?», ha insistito il giudice. «No».
«Mai nessuna formazione» - Si è quindi cercato di capire quanto gli operai fossero stati istruiti e guidati rispetto all'applicazione delle misure di sicurezza. «Non ho mai svolto formazioni di alcun tipo, mai», ha affermato il 50enne.
Dal canto suo l'avvocato Goran Mazzucchelli, difensore del tecnico responsabile della sicurezza, ha presentato un verbale di cantiere che attesta una formazione avvenuta nel 2018, firmata dall'operaio stesso.
«Ci diceva "firma qua", ma di istruzioni non se ne facevano» - «Capitava che il capocantiere venisse e ci dicesse "firma qua, sono le solite cose"», ha replicato l'operaio. «Noi firmavamo, ma non si svolgeva alcun tipo di istruzione».
Il capocantiere ha quindi spiegato come avvenivano i lanci di materiali. «Il controllore, che stava al pianterreno, dava l'ordine "butta!". Quello sopra al piano doveva dire "butto?", poi doveva esserci la conferma da sotto con un altro "butta!», e si effettuava il lancio», ha dichiarato. «Ho spiegato personalmente a tutti gli operai questo modo di procedere, compreso l'imputato qui presente». «Non è vero», ha replicato però il 50enne.
«Si sentiva benissimo, le radioline non servivano» - «Lei verificava, nei giorni di lavoro, che questa procedura di lancio venisse effettuata?», ha chiesto poi il giudice al capocantiere. «Sì», ha risposto l'uomo. E, riguardo alle comunicazioni effettuate a voce: «La comunicazione era sufficiente, si sentiva benissimo. Con il tecnico della sicurezza abbiamo deciso insieme per la comunicazione a voce. Inizialmente avevamo valutato se usare le radioline e abbiamo fatto una prova, proprio dal sesto piano, io, la vittima e un altro collega. Ma visto che si sentiva benissimo abbiamo lasciato perdere le radioline».
A essere interrogato è stato poi il tecnico responsabile della sicurezza, un 58enne cittadino italiano dimorante in Ticino.
«Ho fatto tutto correttamente» - «Ritengo di aver fatto tutto in maniera corretta su quel cantiere», ha premesso. «Contesto in primo luogo di non aver istruito il personale: di base dopo aver elaborato il piano sicurezza spetta al capocantiere istruire e formare gli operai».
«Ma lei ha verificato che la procedura di sicurezza venisse rispettata?», ha rilanciato Bordoli. «Sono stato in cantiere diverse volte, ma in quei momenti non stavano avvenendo lanci, quindi non ho potuto verificare di persona come avvenivano. Per quanto riguarda le radioline, non ho insistito sul loro utilizzo perché in un edificio come quello, con una comunicazione verticale, possono dare qualche problema di segnale. Se al sesto piano a voce il suono arrivava pulito, come ha detto il capocantiere, allora andava bene. Il fatto che il sistema funzionasse me l'aveva confermato lui. E io avevo indicato che la persona al pianterreno doveva stare a cinque metri dal vano dell'ascensore».