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«Oggi calci in testa, domani chissà. Abbiamo le risorse per curare tutti?»

La riflessione della madre del bimbo aggredito al parco dell’OSC: «O si riesce a garantire la sicurezza o quel parco è meglio chiuderlo agli esterni»
TiPress
«Oggi calci in testa, domani chissà. Abbiamo le risorse per curare tutti?»
La riflessione della madre del bimbo aggredito al parco dell’OSC: «O si riesce a garantire la sicurezza o quel parco è meglio chiuderlo agli esterni»

MENDRISIO - Due fratellini stanno giocando con monopattino e bicicletta. Poco più in là il padre sta aiutando le sorelline a fare altrettanto. La serenità di quel pomeriggio viene però interrotta bruscamente. Un uomo spunta all’improvviso, prende il più grande dei fratelli per un polso, lo scaraventa a terra e lo prende a calci.

Tutto ciò accade lo scorso 7 marzo, nel parco della Clinica Sociopsichiatrica cantonale. Solo grazie all’intervento di un membro del personale viene scongiurato il peggio. L’aggressore si dà alla fuga, ma viene fermato dalla Polizia.

Il bambino di 10 anni, fortunatamente, non riporta gravi conseguenze. La famiglia ovviamente porge denuncia e, nei giorni scorsi l’uomo, un 29enne olandese, viene condannato a sette mesi sospesi e a 5 anni di espulsione dalla Svizzera.

In fuga dal suo paese e dai ricoveri - La vicenda, però, apre a una serie di riflessioni. L'uomo è una persona con gravi disturbi psichiatrici, forse affetto da schizofrenia, che rifiuta di farsi curare. Fuggito dal suo paese per evitare un ricovero coatto, è arrivato in Svizzera in circostanze non chiare.

Respinto due volte al confine con la Germania, è già stato ricoverato due volte all’OSC. Di lui si sa poco. Anche la polizia ha avuto difficoltà a interrogarlo e a capire qualcosa della sua storia.

«È malato, ma quel che ha fatto è grave» - Era consapevole della pericolosità del suo gesto, ma non voleva uccidere il bambino. Questo è stato stabilito nel corso del processo. La madre del bambino, che lavora nel campo sociosanitario, vuole però che quanto accaduto apra a una riflessione: «Quanto accaduto, nonostante l’evidente problematica dell’aggressore, è grave. Ci saremmo aspettati una pena maggiore» commenta, pur ammettendo di aver notato lo smarrimento negli occhi del 29enne.

«Come ha fatto a ottenere il fumo?» - «Mi domando come potesse essere in possesso di sostanze stupefacenti, se non conosceva nessuno in Ticino. Ha ammesso di aver fumato prima di aggredire mio figlio», aggiunge, puntando su un tema già sollevato anche nel corso del processo, ma non ritenuto attinente alla questione dibattuta. «Invece vorrei parlarne. Inoltre, come è arrivata questa persona in Ticino? Quanto accaduto non deve succedere più».

«Servono più risorse» - Da operatrice sociosanitaria, la donna è confrontata ogni giorno con casi complessi. «Posso dire con certezza che sono aumentati, sia in numero, che in complessità. Mi domando se, come Cantone, abbiamo le forze per prenderci a carico situazioni simili».

La donna denuncia un settore, quello delle cure, sotto stress e con poche risorse. E non sempre, spiega, si riesce ad aiutare tutti. «Lo vedo ogni giorno, purtroppo. L’uomo che ha aggredito mio figlio ha sicuramente una diagnosi importante, che non giustifica però ciò che ha commesso. Inoltre, da quanto ne so, nel suo paese d'origine aveva già precedenti penali».

Più sicurezza o chiudere il parco - Il parco di Casvegno appartiene alla clinica ed è da sempre aperto ai bambini, attratti da altalene, scivoli e dall’ampio spazio. «Apprezzo l’idea di inclusività e di apertura, ma bisogna poter garantire la sicurezza di tutti nel parco».

Questa volta il suo bambino se l’è cavata, sta superando il trauma, anche se è seguito da specialisti. A fianco a lui c’era il fratellino più piccolo, «che forse non è stato preso di mira solo perché era in bicicletta, quindi più difficile da far cadere... Ma la prossima?», si domanda la donna che propone, se necessario, di creare aree delimitate o addirittura di chiudere il parco agli esterni».

La mamma, infine, lancia un appello: «Sarebbe il caso di ripensare la politica sociosanitaria cantonale».

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