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LUGANO

Con pentole e mestoli contro la fame a Gaza

Un centinaio di persone ha risposto a Lugano alla chiamata di una giornalista palestinese. La manifestazione era organizzata dal Coordinamento per la Palestina
Con pentole e mestoli contro la fame a Gaza
Lettore tio
Con pentole e mestoli contro la fame a Gaza
Un centinaio di persone ha risposto a Lugano alla chiamata di una giornalista palestinese. La manifestazione era organizzata dal Coordinamento per la Palestina

LUGANO - Oggi un centinaio persone si sono radunate per protestare contro l'uso della fame e della sete come arma di guerra sulla Striscia di Gaza. Il Coordinamento per la Palestina ha organizzato una manifestazione dal titolo evocativo, "Rumore per Gaza".

La giornalista palestinese Bisan Owda ha invitato le persone di tutto il mondo a scendere in piazza con pentole e mestoli, simbolo della carestia attualmente in corso a Gaza e imposta, secondo i sostenitori dei palestinesi, dall'esercito israeliano. Lugano ha risposto alla chiamata: i presenti hanno suonato ininterrottamente con i cucchiai su pentole e pentolini, riuscendo perfettamente nell'intento di fare rumore, come veniva richiesto.

Il ritrovo è stato alle 18.30 in piazza Riforma, per chiedere «un cessate il fuoco immediato e permanente, il libero ingresso degli aiuti umanitari, la fine dell'occupazione, il rispetto dell'autodeterminazione dei e delle palestinesi e le sanzioni e l'embargo militare nei confronti di Israele». Il gruppo si è spostato in corteo verso Piazza Dante. Il clima è molto tranquillo, non si segnalano tensioni o incidenti.

Diverse persone presenti erano avvolte nelle bandiere palestinesi. Diversi i cartelloni, con slogan come «Israele uccide, l’Occidente applaude», «85'000 tonnellate di bombe non è autodifesa, è genocidio» e «Palestina libera. Fine dell'apartheid, diritto al ritorno, autodeterminazione».

Gli organizzatori hanno parlato di «un genocidio perpetrato da Israele nei confronti dei e delle palestinesi» e «sotto agli occhi del mondo intero», che sta avvenendo «con la complicità non solo degli Stati Uniti, ma anche della maggioranza degli Stati europei (Svizzera compresa) che, nonostante gli appelli alla pace e le belle parole, continuano ad armare Israele rifiutandosi di mettere in atto azioni concrete come sanzioni o un embargo militare».

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