2500 edili invadono Bellinzona: «Gli impresari siano più seri e responsabili»



La pioggia autunnale non è bastata per fermarli: dopo l'assemblea con i sindacati Ocst e Unia, il corteo di protesta con tappa davanti alla sede della SSIC
La pioggia autunnale non è bastata per fermarli: dopo l'assemblea con i sindacati Ocst e Unia, il corteo di protesta con tappa davanti alla sede della SSIC
BELLINZONA - Caschetti appesi al chiodo. Questo lunedì i cantieri in canton Ticino si sono fermati. La ragione è la giornata cantonale di mobilitazione indetta dai sindacati OCST e UNIA in risposta al mancato accordo sul Contratto nazionale mantello (CNM) tra i lavoratori edili e gli impresari.
Trattative in stallo
Ecco perché questa mattina a Bellinzona, 2500 lavoratori attivi nell'edilizia si sono ritrovati all'Espocentro, dove si è svolta l'assemblea con gli interventi dei rappresentanti sindacali per discutere dell'adozione di una possibile risoluzione: «Vogliamo condizioni di lavoro dignitose, sicurezza vera per la nostra salute, non promesse vuote come quelle che sentiamo ogni giorno. Chiediamo che rispettino la nostra vita, ma anche la nostra famiglia».
Gli obiettivi
I sindacati puntano ad apportare modifiche all'orario di lavoro giornate lavorative di 8 ore al massimo, riconoscimento dei tempi di trasferta, aumento e adeguamento automatico del salario. Richieste, queste, che si contrappongono a quelle che i sindacati definiscono «le provocazioni» della Società svizzera degli impresari costruttori (SSIC), la quale «oltre a rifiutarsi di entrare in materia sulle richieste degli edili che non ne possono più di ritmi e orari di lavoro incompatibili con la vita privata e familiare, propone settimane lavorative da 50 ore, la trasformazione del sabato in una normale giornata di lavoro, un ulteriore aumento della flessibilità, l’abolizione delle protezioni contro il licenziamento e la diminuzione delle indennità in caso di malattia o infortunio».
La risoluzione
Di qui la richiesta alla SSIC di «maggiore serietà e senso di responsabilità nella ricerca di un accordo sul CNM», si legge nella risoluzione adottata all’unanimità dai lavoratori. «Il vuoto contrattuale che si prospetta a partire dal 1° gennaio 2026 avrebbe gravi conseguenze in Ticino, regione più esposta delle altre ai pericoli di dumping salariale e di mala-edilizia. A maggior ragione in una fase storica già segnata da una pericolosa carenza di personale, in particolare quello qualificato», si mette in guardia nella risoluzione, con cui i lavoratori hanno rinnovato il mandato ai sindacati Unia e OCST «affinché continuino a tutelare la dignità del lavoro, così come la sicurezza e la salute di tutti i lavoratori impegnati nel settore».
«Bloccheremo i cantieri senza preavviso»
E se si arriverà al vuoto contrattuale, bloccheremo i cantieri, senza preavviso, dalla sera alla mattina. Fino a che riavremo il contratto», ha tuonato dal palco Giangiorgio Gargantini, segretario regionale di Unia Ticino e Moesa e responsabile del settore edilizia, sottolineando la gravità del fenomeno della fuga di manodopera nel settore dell’edilizia, in cui il tasso di uscita è in Ticino il più alto in assoluto di tutti i rami professionali.
«Ormai gli Impresari costruttori hanno smesso di fare gli imprenditori per fare solo i padroni», ha dal canto suo osservato Paolo Locatelli, responsabile del settore edilizia OCST. «Le loro proposte sono assurde. Vogliono disintegrare d la vita sociale dei lavoratori e allontanarli dal settore. Stanno segando il ramo su cui sono seduti».
Le urla dei lavoratori: «Vergogna, vergogna»
Gli ha fatto eco Nico Lutz, responsabile delle trattative e membro della direzione nazionale di Unia, rilevando nel comportamento degli impresari costruttori «totale mancanza di rispetto» nei confronti dei lavoratori. E anche poca lungimiranza, tenuto conto della grave crisi di manodopera che attraversa il settore dell’edilizia, con un operaio su due che abbandona la professione e un neodiplomato su dieci che lascia entro i primi 5 anni. «Oggi - ha aggiunto Lutz - stiamo lanciando un segnale forte: siamo pronti a lottare insieme, per un contratto migliore. Per giornate lavorative più brevi che consentano anche ai lavoratori edili di condurre una vita privata e familiare. Per difendere la dignità degli edili e di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici di questo paese».
Anche i lavoratori presenti sono arrabbiati e determinati, come si è potuto constatare durante l’assemblea del mattino e nel lungo e colorato corteo che ha attraversato le vie del centro. Facendo tappa tra l’altro alla sede della SSIC di viale Portone, che è stata avvolta da una nube di fumo colorato che si alzava dai fumogeni e dove i manifestanti hanno fatto sentire forte e chiaro il loro messaggio agli impresari costruttori: «Vergogna, vergogna» e bordate di fischi.
Una lotta non solo degli edili
A portare solidarietà e vicinanza ai lavoratori edili c’erano anche, oltre a sindacalisti di Unia e Syna attivi a livello nazionale e della CGIL, rappresentanti degli studenti del liceo di Bellinzona («È una causa anche nostra», ha sintetizzato Adam Barbato-Schoufani del Sindacato indipendente degli studenti e degli apprendisti SISA) e altre federazioni dell’USS: «Questa non è solo la battaglia degli edili. È una battaglia di tutte e tutti. Perché ogni volta che un lavoratore difende il proprio diritto, difende anche i diritti degli altri. Oggi tocca a voi, domani toccherà agli insegnanti, al personale infermieristico, ai postini. Ogni volta che un settore alza la testa e incrocia le braccia, apre la strada agli altri», ha affermato Nicole Rossi, Segretaria USS Ticino e Moesa.
La giornata di oggi in Ticino è stata il primo moto dell’ondata di proteste che nelle prossime settimane toccherà le altre regioni del paese: Berna il 31 ottobre, la Romandia il 3 e 4 novembre, la Svizzera nordoccidentale il 7 e il 14 novembre Zurigo e altri centri della Svizzera tedesca.
La posizione degli impresari - La Società svizzera impresari costruttori Ticino (SSIC TI), dal canto suo, nei giorni scorsi aveva fatto sapere di aver «sempre ribadito la propria volontà di raggiungere un nuovo accordo chiaro, vincolante e applicabile dal 1° gennaio 2026. L’obiettivo è semplificare le regole e renderle facilmente comprensibili e controllabili». Per loro l'attuale contratto, composto di oltre 150 pagine di articoli, è «complicato e incoerente». Ma per poterlo modificare al meglio sono necessari «compromessi tra le parti».
Per la SSIC «il settore dell’edilizia gode già del miglior contratto collettivo della Svizzera, con condizioni che altri settori non possono neppure immaginare. Salario minimo per un muratore: 5'818 franchi al mese per 13 mensilità, più circa 250 franchi al mese di indennità pranzo e centinaia di franchi per le trasferte; e prepensionamento a 60 anni, finanziato per due terzi dai datori di lavoro, che garantisce oltre 300'000 franchi in cinque anni ai lavoratori che lasciano il mestiere. Eppure, ai sindacati non basta mai».














