«Non arrivo a fine mese. Vivo senza dignità»

La testimonianza di una 49enne che, a seguito di un intervento chirurgico, ha dovuto svolgere una riqualifica professionale. L'AI: «Grazie al nostro intervento si riduce il rischio di disoccupazione».
BELLINZONA - L’incubo inizia con una diagnosi: una forte artrosi al piede dovuta a un intervento chirurgico svolto anni prima quando ancora era bambina. Dopo una prima operazione, arriverà una seconda e poi una terza.
L'inizio di un calvario - Nel frattempo, durante questo calvario, Federica*, 49enne, assistente di cure a domicilio, non può lavorare. Trova quindi sostegno nell’Assicurazione Invalidità (AI).
La doccia fredda però arriva con la valutazione di non idoneità a svolgere il suo mestiere, a causa del grave infortunio. «Mi hanno fatto quindi completare un corso di riqualifica professionale come collaboratrice amministrativa».
La riqualifica professionale - Il corso però si rivela un buco nell’acqua. «Non ho imparato niente. E quindi mi hanno detto di iscrivermi alla disoccupazione. Insomma, prima mi hanno fatto fare una riqualifica professionale in un campo che non ho potuto scegliere, in un’azienda che non ho scelto, per poi essere abbandonata a me stessa».
L’esempio di Federica è solo uno dei molti che si registrano sempre più spesso in Ticino. Un piano inclinato che gli aiuti statali non sono riusciti a rovesciare. «Ora sono mesi che arranco e vivo sulla soglia della povertà». E ancora: «Non è possibile che una persona debba vivere in questo modo senza dignità, senza nemmeno la possibilità di trovarsi un posto di lavoro e senza nessuna prospettiva. Chi mi assume ora a 49 anni? Per stare bene una persona ha bisogno di un posto di lavoro, ma sono stata spinta verso la disoccupazione».
La soglia di invalidità sotto il 40% - Ma non è tutto. L’AI ha definito il suo grado di invalidità al 31%. Insomma, oltre il danno la beffa. Ma perché? «Quando una persona si iscrive in disoccupazione al 100%, l’assicurazione invalidità definisce un grado di invalidità. Se questo si situa tra il 10 e il 40% la persona non ha diritto a una rendita», ci spiega la cassa disoccupazione del sindacato Ocst. «Noi siamo obbligati, secondo una legge federale, a modificare il grado di idoneità (a meno che la persona dimostri che il suo stato di salute è mutato e che può lavorare a tempo pieno)».
Con il grado di idoneità e in base a quanto percepiva prima della disoccupazione si definisce il reddito. «L'AI dice che è solo un calcolo economico: in questo caso la persona di fatto potrebbe lavorare al 70%. Quindi c'è poco da fare».
Contestare la decisione dell'AI - A meno che non si contesti il grado di invalidità. «Esatto, però ci vuole un certificato medico che indichi chiaramente la situazione. È da capire se ne vale la pena. Si preclude magari in un futuro di poter rivendicare un aggravamento dello stato di salute».
Dall'Ocst il consiglio è chiaro: «Alle persone che si vedono attribuire un grado di invalidità vicino al 40% consiglio di fare reclamo. In modo che abbiano comunque una minima rendita e possano poi richiedere una complementare. Anche a noi non sembra corretto, ma abbiamo le mani legate, siamo tenuti ad applicare la legge». Chi cade in questa situazione è probabile che finisca per chiedere l'assistenza. «E sappiamo cosa comporta. Calcolano un minimo vitale, ma se questo minimo vitale viene raggiunto, l’assistenza non entra nemmeno in merito. Gli eredi magari dovranno restituirla. L'assistenza dipende da tanti fattori (affitto, figli, stato civile, se il marito lavora). Sono molte le variabili da prendere in considerazione».
Come viene decisa la riqualifica professionale? - Per fare chiarezza abbiamo chiesto all'AI come viene definito il grado invalidità di una persona in disoccupazione. «Si calcola facendo il raffronto tra il reddito percepito prima e quello dopo il danno alla salute», ci ha spiegato Monica Maestri Crivelli, capoufficio dell’Ufficio assicurazione invalidità. «Qualora una persona che presenta una domanda di prestazioni AI fosse in disoccupazione, il reddito di riferimento prima del danno alla salute è fissato sulla base delle statistiche salariali federali».
Nel caso in cui il grado di invalidità non raggiunge la soglia del 40%, «gli assicurati non hanno diritto a una rendita. Tuttavia possono entrare in linea di conto altre prestazioni che permettono di favorire la reintegrazione nel mercato del lavoro».
La riqualifica professionale - Detto questo, «con la collaborazione dei medici curanti e del Servizio medico regionale dell’Ufficio AI, il consulente AI valuta, sulla base della situazione medica e di un bilancio delle competenze, nonché della potenzialità della persona, la possibilità di seguire un percorso professionale, tramite diversi provvedimenti come l’orientamento professionale e la riqualificazione professionale».
Ma come avviene la scelta della riqualifica professionale nel caso in cui la persona non può più svolgere il suo lavoro? «Un assicurato che non può più svolgere il proprio lavoro ha la possibilità di beneficiare del sostegno dell’AI nel definire un nuovo obiettivo professionale, tramite misure reintegrative. L’Ufficio AI lo accompagna e applica i provvedimenti utili e necessari per mantenere la persona attiva nel mercato del lavoro».
Dopo la riqualifica la disoccupazione? - Dopo questi corsi, la persona non viene insomma lasciata sola. «A seconda della situazione, l’Ufficio AI sostiene gli assicurati nella ricerca di un posto di lavoro. Laddove possibile, facilita pure l’assunzione, attraverso misure specifiche come il lavoro a titolo di prova che permette di appurare le sue capacità professionali effettive e le eventuali necessità di apprendere nuove conoscenze per svolgere quella attività specifica».
L’ultimo dato a disposizione indica che il numero dei collocamenti riusciti nel Canton Ticino nel 2023 è stato di 1’334. Ma quanto concreto è il rischio di finire in disoccupazione? «Grazie al nostro intervento - continua Maestri Crivelli - si riduce il rischio di disoccupazione. Facciamo in modo di mettere l’assicurato nella migliore condizione di svolgere normalmente un’attività professionale, e quindi di superare, nell’ambito professionale, eventuali impedimenti dovuti al danno alla salute».
*nome di fantasia, vero nome noto alla redazione