«C'è quello che sparisce e quello che vuole 150k l'anno»


Ambizioni elevate, poca pazienza e nuove priorità. Un cacciatore di teste dipinge il ritratto di una generazione che vuole cambiare il mercato del lavoro senza rinunciare a sé stessa.
Ambizioni elevate, poca pazienza e nuove priorità. Un cacciatore di teste dipinge il ritratto di una generazione che vuole cambiare il mercato del lavoro senza rinunciare a sé stessa.
LUGANO - Tra nuove visioni del lavoro e fragilità, la Generazione Z si trova oggi al centro di una discussione che riguarda l’ingresso nel mercato del lavoro. I dati più recenti raccontano un quadro complesso: stress, ansia da prestazione e tassi di abbandono elevati, ma anche una domanda crescente di tempo libero, equilibrio lavoro-vita privata e riconoscimento.
Per capire meglio come stanno cambiando le priorità delle nuove generazioni, abbiamo raccolto il punto di vista di Andrea Pace, “head hunter” per KeyPartners Switzerland e attento osservatore delle dinamiche del mondo del lavoro.
Come descriverebbe l’approccio della Gen Z al mondo del lavoro?
«Viviamo in un momento storico in cui ci sono scenari macroeconomici molto impattanti. Questo determina un certo livello di pressione e di timore verso ciò che potrà essere la nostra vita professionale, ma anche privata. Ma c’è un altro aspetto altrettanto rilevante: quello delle aspettative. Le nuove generazioni hanno una visione di ciò che li attende a livello professionale che, a mio parere, è totalmente viziata da ciò che vedono sui social».
Cosa vuol dire?
«La realtà che percepiscono è… virtuale, non corrispondente al mondo reale. Anche il solo orientare i giovani verso dei percorsi professionali è tutt’altro che scontato. Per questo è fondamentale una figura motivazionale, un mentor che sappia orientarli verso la strada giusta».
Solo colpa delle aspettative alte?
«Che divergono dalla realtà, soprattutto quella del mercato del lavoro ticinese. Ma ciò che vedo nelle nuove generazioni, al di là della motivazione o delle aspettative, è la carenza di costanza, di pazienza, di disciplina. Sembra mancare quella voglia di rimboccarsi le maniche per arrivare. L’idea di dover superare quegli step intermedi prima di raggiungere la posizione a cui si aspira».
Quali pretese avanzano?
«Pensano di entrare nel mondo del lavoro e prendere al primo impiego 80mila franchi l’anno. Senza questo prerequisito si rifiutano persino di fare il colloquio di lavoro. Contemporaneamente vogliono più tempo libero, non essere disturbati fuori dall’orario di lavoro, più ferie…».
Aspettative un po’ “pompate”, ma da cosa?
«Anche dagli stipendi oltre Gottardo. Oggi più che mai è in corso una fuga di cervelli. C’è una sorta di slittamento: dall’Italia vengono in Ticino, dal Ticino si spostano a Zurigo. Magari si sono già formati oltre Gottardo. D’altra parte c’è una bella discrepanza tra le proposte salariali “nostrane” e quelle svizzero tedesche o anche della Svizzera romanda. A parità di ruoli. Quando a soli 30 anni inizi a metterti in tasca 150k l’anno è difficile che si voglia tornare indietro».
C’è anche chi dei soldi se ne frega. Molti giovani sembrano non voler più mettere al centro il lavoro.
«Vero. Non a caso c'è tanta richiesta di part-time. Lo chiede chi pensa che basti quel tanto per sopravvivere. Dà priorità al tempo libero, alla famiglia, agli hobby. In linea teorica non sarebbe nemmeno un dramma. Peccato che sia una scelta che poi va a scontrarsi con il desiderio di fare una famiglia, di trovarsi una casa decente, e con i costi che tutto ciò comporta. Perché la vita oggi è cara, lo sappiamo tutti».
Riuscirà questa Gen Z a ridefinire il mondo del lavoro?
«Ridefinirlo del tutto non credo. Ma piano piano il mercato sta assimilando una parte delle loro richieste. Pensiamo solo al lavoro da remoto, sempre più comune, o al part-time, o a modelli di orario flessibile. Ma sta per arrivare un momento in cui, ok le richieste, ma sarà necessario tornare a dare di più».
Qualche caso “particolare” che ricorda?
«Un candidato che mi fa: “Abito a Lugano nord, è troppo lontano“». E il posto era sempre a Lugano, ma a sud. Poi sono sempre più in voga i candidati che spariscono. Non rispondono più al telefono, alle mail, non si presentano al colloquio. Situazioni simili sono purtroppo all’ordine del giorno».
A cosa è dovuto questo comportamento?
«Certamente una componente di responsabilità ce l’hanno i genitori. Loro dovrebbero avere il ruolo di consiglieri, di guide. Invece, purtroppo, sono i primi a sostenere questi comportamenti scorretti, questa immaturità e mancanza di rispetto».
Stanno perdendo delle occasioni?
«È possibile. Ricordiamoci che c’è un’intera generazione di manager over 50 che presto andrà in pensione. Da qui ai prossimi 10 anni si apriranno centinaia di migliaia di posizioni. Se questa nuova generazione si affaccia oggi al mondo del lavoro e lo fa con costanza, perseveranza e serietà, potrà cogliere quelle opportunità».































