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Dal gelido nord al calore umano dei turchi: «Dormivo nelle moschee»

Prosegue la pedalata attorno al globo di Armando Costantino. Da qualche settimana ha lasciato l'Europa e si prepara a un rigido inverno verso la Cina e la Mongolia.
Armando Costantino
Dal gelido nord al calore umano dei turchi: «Dormivo nelle moschee»
Prosegue la pedalata attorno al globo di Armando Costantino. Da qualche settimana ha lasciato l'Europa e si prepara a un rigido inverno verso la Cina e la Mongolia.

LUGANO - Ne ha fatta di strada Armando Costantino da quando, a maggio, l'avevamo raggiunto telefonicamente per farci raccontare il suo traguardo: Capo Nord in bici, dal Ticino. 

Da allora, tenendo fede ai suoi propositi, si è spinto a sud spaccando l'Europa per raggiungere la Turchia e, dunque, l'Asia. Sempre pedalando. Perché, per chi non lo sapesse, Armando nei prossimi anni girerà il mondo. In bicicletta. 

A che punto siamo del viaggio? Dammi un po’ di numeri.
«Adesso siamo al 254esimo giorno. Ho percorso circa 9'000 chilometri e più di 65'000 metri di dislivello. Sono quasi tre settimane che ho lasciato l’Europa, ora mi trovo in Georgia, a Kutaisi».

Qui sta diluviando, fa quasi freddo…
«Qui è ancora estate. Ci sono una trentina di gradi, il tempo è perfetto, né troppo caldo né freddo. A dire il vero gli ultimi tre mesi praticamente non ho visto una goccia di pioggia. Salvo quando ho lasciato l’entroterra turco. Appena mi sono avvicinato al Mar Nero ha iniziato a piovere e non ha praticamente smesso per quattro giorni».

Ti senti in terra straniera?
«Queste zone non sono poi così diverse. Magari le città turche sono un po’ più… caotiche. Ma non noti tanto la differenza. Si fa più evidente nei piccoli paesi». 

Sei passato dalla Cappadocia, ora non mi vorrai dire che è simile ad altri posti…
«Certamente no, tanto che abbiamo piantato le tende». 

Abbiamo?
«Ho avuto dei compagni di viaggio. Ho incontrato tre francesi qualche giorno prima di arrivare lì. Mi sono unito a loro».

Mi dicevi della Cappadocia…
«Siamo stati fortunati. Ci siamo accampati per la notte e la mattina seguente il cielo era pieno di mongolfiere. Uno dei ragazzi che erano con me ne ha contate un centinaio». 

Perché dici fortunati?
«Non è così tutti i giorni. Il mattino seguente tirava un filo di vento, ma è bastato per far sì che non potessero alzarsi in volo». 

Rispetto alla prima parte del tuo viaggio, durante il quale avevi sofferto un po’ la solitudine, mi pare di capire che le cose siano cambiate.
«Sono cambiate le persone. Ho iniziato a trovare un po’ di calore umano più o meno dalla Lituania/Estonia. In Turchia poi… c’è tutto un altro tipo di ospitalità».

In che senso?
«Ti fermano dai bar. Ti chiamano per offrirti magari un té çay, bevanda turca per eccellenza, e scambiare due chiacchiere. Paradossalmente questa bevanda caldissima, d’estate con 40 gradi, ti fa sentire meno caldo».

Ho visto che hai avuto anche altri compagni di viaggio. 
«C’è stata una coincidenza fortuita. Mi sono fermato una decina di giorni a Timisoara, in Romania, da un amico. L'idea iniziale era di restare meno, ma mi sono trovato bene ed era tanto che non ci vedevamo. Ero ripartito da un giorno quando mi fermo in un negozietto per prendere qualcosa da bere. Incontro uno zingaro, parla italiano, ma è originario di quei luoghi. Era lì in vacanza e alla fine mi offre di farmi una doccia a casa sua. Mi ospita a pranzo, sua moglie ci prepara qualcosa. Gira e rigira mi fermo lì a dormire e il giorno dopo vado con loro a fare il mercatino. Un'esperienza fantastica. Alla fine carica la bici in auto e mi porta nel punto che avrei dovuto raggiungere se non mi fossi fermato. Qui, lungo la strada, incontro un ragazzo francese che come me gira in bici. Abbiamo fatto due settimane assieme a pedalare». 

Che strade avete condiviso?
«Abbiamo attraversato più nazioni, dalla Romania fino al confine con la Turchia. Siamo passati in Bulgaria e toccato un pezzettino di Grecia. Poi ci siamo separati, lui voleva andare a Istanbul. Io ho preferito evitare».

Come mai? Istanbul è bellissima…
«Ma raggiungerla era complicato. Lui stesso poi mi ha detto che gli ultimi tre giorni li ha fatti tutti di autostrada. Inoltre, secondo i miei programmi, non mi sarei potuto fermare più di due giorni, non ne valeva la pena».

Economicamente te la stai cavando?
«Sì, anche grazie al fatto che queste zone sono economiche. Riesco a cavarmela con una decina di franchi al giorno». 

Ho visto che hai avuto problemi con la tenda…
«Ho speso quasi 500 franchi per una tenda di un noto marchio di attrezzature sportive. Non una tenda da amatori, una professionale. I paletti mi si sono rotti dopo pochissimo. Ho scritto alla casa per chiedere supporto. Me ne hanno mandati di nuovi, ma la cosa che più mi ha infastidito è che inizialmente mi hanno offerto uno sconto del 20/30% per l’acquisto di una tenda nuova. Che magari mi sarebbe durata altri sei mesi». 

Che poi la tenda per te è la casa.
«Una casa che fortunatamente negli ultimi mesi ho anche usato poco, riuscendo a ripararmi in capanni, casette, o persino nelle moschee. Ma mettiamo che la tenda mi si fosse rotta quando ero a 20 gradi sotto zero… Sono tende da spedizione. Se ti si rompe in un bivacco a 7/8'000 metri sei morto». 

Dove sei diretto ora?
«Il 26 ho un volo da Kutaisi. Mi permette di raggiungere Aktau, in Kazakistan. Da lì punto verso la Cina e poi la Mongolia. Un tragitto che farò questo inverno». 

Non hai paura del freddo?
«Questo viaggio è iniziato puntando a Capo Nord proprio per prepararmi a quello che verrà adesso. Dovevo testare me stesso e l’attrezzatura, i materiali. Banalmente cambia anche il cibo che ci si può portare appresso. A temperature così fredde non puoi fare soste di più di 15 minuti e devi portare cibi che non si congelano. Quindi carne secca, frutta secca… Qualcosa da tenere nelle tasche mentre viaggi. Farò quelle quattro/cinque ore di pedalata per poi fermarmi, accamparmi, cucinare e dormire».

Situazioni più strane in questa seconda parte di viaggio?
«La Turchia mi ha colpito molto. Ho attraversato il deserto con 45 gradi. Mi sono accampato in zone talmente aride che non c’era bisogno della tenda, non c’era nemmeno un insetto. Mi hanno ospitato più volte nelle moschee. Un imam mi ha persino permesso di indossare i suoi abiti». 

*Per aiutare Armando a proseguire la sua avventura si può effettuare una donazione tramite Twint al numero +41 76 228 96 53

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