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LUGANO

«Violenza giovanile in aumento, non è solo un problema di sicurezza»

A pochi giorni di distanza dall'evento violento che ha segnato la notte nei pressi della pensilina Botta, Karin Valenzano Rossi si interroga sull'efficacia delle misure giudiziarie.
Archivio Ti Press
«Violenza giovanile in aumento, non è solo un problema di sicurezza»
A pochi giorni di distanza dall'evento violento che ha segnato la notte nei pressi della pensilina Botta, Karin Valenzano Rossi si interroga sull'efficacia delle misure giudiziarie.

LUGANO - Un 19enne ferito e cinque giovani, tra cui due 18enni e tre minorenni, fermati. È il bilancio dell’episodio di violenza verificatosi nella notte tra venerdì e sabato alla pensilina Botta di Lugano. Chi frequenta Lugano la sera, intanto, segnala una situazione preoccupante e che degenera di giorno in giorno. Si racconta infatti di diversi episodi simili, nel corso dell’estate, tanto da mettere in discussione la sicurezza per le strade della città.

Interpellata, Karin Valenzano Rossi, municipale e capo Dicastero sicurezza e spazi urbani della Città di Lugano - senza entrare nel merito del caso specifico - spiega che «purtroppo la violenza giovanile è un fenomeno in crescita. Non riguarda la pensilina, ma più in generale un aumento dell’aggressività tra i giovani. Esistono molti giovani sani, rispettosi delle regole, che non si comportano in modo violento. Ma è innegabile che stiamo assistendo a un trend preoccupante, anche tra giovanissimi. È un problema sociale, prima ancora che di ordine pubblico.

Dal vostro punto di vista state registrando un aumento di casi?
«In termini di numeri non possiamo parlare di un’escalation clamorosa, ma alcuni episodi ci sono, specie in determinate aree. Spesso si tratta di situazioni aggravate dall’abuso di alcol. È un fenomeno che non riguarda solo Lugano, ma che si manifesta in modo trasversale in tutto il cantone. La polizia fa il suo lavoro: presidia, interviene, identifica i responsabili, li assicura alla giustizia. Ma la vera domanda è cosa accade dopo. Cosa succede una volta che i responsabili - spesso sempre gli stessi - vengono fermati? Il punto critico è qui. Vedo un problema di strumenti e risorse a disposizione della magistratura, soprattutto quando si tratta di minorenni. Spesso si tratta proprio di giovanissimi. La magistratura minorile ha risorse limitate: parliamo di una magistrata, un segretario giudiziario aggiunto che deve occuparsi anche di sanzioni minori, come le multe sui trasporti pubblici. Forse la priorità andrebbe data proprio alla gestione di questi casi più gravi e delegare ad altri le infrazioni bagatella».

Cosa fare allora?
«È necessario chiedersi se le misure educative e le pene attuali siano ancora adeguate. Non è solo un problema di polizia: quella c’è, interviene e, anzi, in occasione di grandi eventi o nei fine settimana, il presidio viene potenziato. Ma anche con una presenza importante di sicurezza - come accaduto durante la serata del primo agosto - certe aggressioni avvengono comunque, perché questi giovani non si curano delle possibili conseguenze e non riconoscono le autorità o la polizia. Quindi il problema è ben più profondo».

Dal punto di vista della sicurezza cittadina la situazione è sotto controllo?
«La polizia, sia comunale sia cantonale, ha una presenza costante e accresciuta in determinati momenti. Durante eventi importanti come il primo agosto, viene attivato un dispiegamento significativo, anche con il supporto di altri corpi di polizia. Ma, come detto, la presenza di forze dell’ordine non è più un deterrente sufficiente. La violenza giovanile nasce da una fragilità sociale più ampia, dobbiamo interrogarci sul fallimento educativo e sociale che porta a questi episodi. Non si tratta solo di reprimere, ma di prevenire e poi farsi carico in modo adeguato. Dobbiamo chiederci se le nostre strutture educative e giudiziarie siano davvero pronte ad affrontare questi nuovi scenari».

Lei dice che non c'è un aumento statistico dei reati, ma l’allarme sociale c’è.
«I dati non indicano un’impennata di episodi gravi, ma anche un solo caso di violenza tra giovani come questo è già troppo. Non possiamo ignorarlo. Lugano è l’unico centro urbano del cantone, ed è normale che attragga più persone e, quindi, più episodi. Qualche anno fa situazioni simili si sono verificate anche altrove, in particolare in zona stazione di comuni del Locarnese. Problematiche con un numero importante di giovani con comportamenti sopra le righe si sono verificati recentemente anche a Coldrerio. Sono fenomeni che si spostano. Ed è proprio per questo che non vanno sottovalutati».

A livello numerico le forze di polizia sono abbastanza?
«La vera sfida non è mettere più polizia - anche se nei momenti caldi serve un presidio maggiore -, ma capire cosa succede dopo. Perché spesso ci troviamo di fronte agli stessi volti, già noti alla giustizia. In Ticino, ad esempio, non abbiamo nemmeno un centro educativo per minorenni. I magistrati minorili hanno pochi strumenti e poche strutture. Se non interveniamo lì, il rischio è che il fenomeno degeneri ulteriormente».

È risaputo che i punti caldi sono sempre gli stessi: non sarebbe sufficiente presidiare maggiormente questi luoghi?
«Come detto, la presenza di sicurezza massiccia da sola non è sufficiente come deterrente, ci vuole un seguito sanzionatorio che possa fungere da deterrente anche per evitare ulteriori episodi simili. In una recente requisitoria per un grave fatto di sangue, di un procuratore pubblico ha evocato i numerosi interventi della polizia legati a fatti in prossimità di un locale, che lui stesso ha definito “poco raccomandabile”. E poi? Come cittadina e come municipale, senza competenza di indagine, confido che la magistratura dopo questo tipo di affermazioni sia coerente e chiarisca se ci sono davvero aspetti di illegalità e rischio, per evitare che sul nostro territorio possano esserci posti rischiosi o “poco raccomandabili”».

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